Pubblicato sulla rivista “Life” nel lontano 1951, ancora oggi il reportage “Spanish Village” di William Eugene Smith rimane un capolavoro della fotografia documentaria e una fonte di ispirazione per i fotografi e gli artisti di tutto il mondo.

I. Spanish Village : Il contesto storico del reportage
Nel 1950, quando William Eugene Smith si recò in Spagna per realizzare il suo reportage, il paese era sotto la dittatura del generale Francisco Franco, una lunga dittatura iniziata nel 1939 e che finirà solo con la morte di Franco il 20 novembre 1975. Francisco Franco aveva assunto la guida militare di tutte le forze del Fronte nazionalista (dove confluivano le forze monarchiche e di destra ispirate dalla chiesa cattolica) che durante la cruenta Guerra Spagnola, che si svolse dal 1936 al marzo 1939, si opponevano al Fronte popolare ( una coalizione di partiti democratici e di sinistra che aveva vinto le elezioni nel febbraio precedente e che si battevano per la giustizia sociale) e con l’entrata a Madrid nel marzo 1939 sancì l fine della guerra proclamandosi capo assoluto del Paese.

Una delle prime decisioni del governo franchista fu la restituzione delle terre ai grandi proprietari terrieri, togliendole ai contadini e la vendita dei prodotti agricoli fu messa sotto il controllo dello Stato che fissava i prezzi. Ciò fece prosperare il mercato nero e inoltre, la a carenza di materiali e mezzi per l’agricoltura comportò una flessione della produzione agricola, che portò diverse regioni alla fame, tanto che gli anni tra il 1941 e 1945 sono ricordati in Spagna come gli «años de hambre» (anni della fame). La mancanza di beni essenziali portò l’aumento della criminalità, dal mercato nero alla prostituzione e le malattie, fra cui, alcune che erano scomparse da molto tempo dall’area mediterranea, tornarono divenendo la quotidianità per quasi tutti gli anni Cinquanta.

Nell’epoca contemporanea nessun paese europeo ha conosciuto al termine di una guerra civile un’epurazione così spietata e sanguinosa come quella messa in atto da Francisco Franco. Per molti anni – fino al 1943 con grande frequenza, ma poi, anche se con minore intensità, fino alla metà degli anni cinquanta – le esecuzioni sommarie di prigionieri politici si susseguirono nella Spagna franchista, facendo. un numero enorme di vittime, calcolato nell’ordine delle diverse decine di migliaia. Non furono giustiziati solo coloro che si erano macchiati di crimini di sangue, come aveva più volte detto Franco, ma anche e soprattutto coloro che avevano “responsabilità” politiche.

Una delle fotografie più famose del reportage “Spanish Village” è quella che ritrae i volti chiusi e duri di tre membri della Guardia Civil di Franco; essa rappresenta la crudeltà e l’arroganza spesso assunte da piccoli uomini a cui è stato concesso un grande potere sugli altri, una condizione ramificata in tutto il paese e che non ha risparmiato neanche un piccolo villaggio rurale dell’entroterra.

II. Spanish Village : Genesi del Reportage
Sin dalla fine degli anni Trenta, da quando vide le foto di Robert Capa che documentavano la guerra civile spagnola, William Eugene Smith sognava di realizzare un servizio fotografico in Spagna alla ricerca di “un’equilibrata verità sul Paese”, che all’epoca era argomento di dibattito politico in tutto il mondo, a causa della feroce dittatura sotto la quale si trovava. Così, nel 1950, con il suo assistente Ted Castle e un interprete, Smith si recò in Spagna dove trascorse tre mesi faticosi alla ricerca del soggetto ideale per il suo reportage. Dopo diversi sopralluoghi decise di concentrarsi sul piccolo villaggio rurale di Deleitosa, nella regione interna dell’Estremadura, una delle aree più povere della Spagna, dove i contadini racimolavano qualcosa per vivere dalla terra arida, controllati dalla polizia di Franco e consolati dalla chiesa.

A Deleitosa William Eugene Smith arrivò scortato dalla Guardia Civil, dopo aver subito un interrogatorio sul motivo per il quale voleva trattenersi nel paese. Il villaggio di Deleitosa non era stato in pratica toccato dalla rivoluzione industriale, non vi arrivava la ferrovia, né l’autostrada, né il telefono, non c’erano neppure delle fognature moderne e l’acqua corrente nelle case. Era un posto un posto dove la vita rurale era autentica, non influenzata dal turismo e dalla modernizzazione Ed era proprio questo che William Eugene Smith stava cercando: ritrarre la vita degli abitanti in modo autentico e profondo, catturando l’essenza della loro vita quotidiana, la loro cultura e il loro senso di comunità.

Se non fosse che Deleitosa viveva sotto un regime dittatoriale, aveva in comune molto con gli altri piccoli paesi del bacino del Mediterraneo; si pensi ai piccoli paesi dell’Italia Meridionale degli anni ‘50 o anche ai paesini rurali francesi, portoghesi, ecc. Fu anche per questo che il reportage di Smith ebbe una popolarità sia immediata che duratura negli anni, perché non era il volto di un singolo villaggio che Smith aveva cristallizzato nei suoi scatti, ma il volto, le tradizioni, la vita quotidiana di tutti i villaggi simili che vivevano del lavoro della terra, in un clima di povertà estrema.



II. Spanish Village: l’Articolo della rivista “Life”
Riporto alcuni frammenti del testo che accompagnava le fotografie di William Eugene Smith sulla rivista “Life”. Il titolo dell’articolo diceva più o meno così: “ Vivere nella povertà e nelle tradizioni e fede antica” e nel testo si poteva leggere:

“ Il villaggio di Deleitosa, un luogo di circa 2.300 contadini, si trova sull’altopiano spagnolo occidentale alto e secco chiamato Estramadura, circa a metà strada tra Madrid e il confine con il Portogallo. Il suo nome significa “delizioso”, cosa che non è più, e le sue origini sono oscure, anche se potrebbero risalire a mille anni fa, al periodo moresco della Spagna. In ogni caso è molto antico e il fotografo di Life William Eugene Smith, vagando per le strade del villaggio, ha scoperto che i sui stili di vita erano progrediti di poco rispetto dall’epoca medievale.…

…..Molti Deleitosani non hanno mai visto una ferrovia perché la più vicina è a 25 miglia di distanza. La posta arriva con il mulo. Il telefono più vicino è a 12 miglia di distanza, in un’altra città. Il sistema idrico di Deleitosa è ancora costituito da acquedotti e pozzi aperti da cui gli abitanti del villaggio hanno attinto l’acqua per secoli e le strade odorano fortemente degli asini e dei maiali degli abitanti del villaggio. Un piccolo cinema, che proietta alcuni film americani, si trova sulla strada di polvere vicino alla piazza principale. La scena del villaggio è dominata ora come sempre dall’alta struttura della chiesa del XVI secolo, il centro della società cattolica di Deleitosa.…

…. E le vite dei paesani sono dominate ora, come sempre è stato, dai problemi crudi e brutali della sussistenza. Deleitosa, sterile di storia, sfavorita dalla natura, piegata dalle guerre, vive in povertà. Una povertà condivisa da quasi tutti gli abitanti e alleviata solo dal lavoro stagionale della terra, e dalla fede che sostiene la maggior parte dei Deleitosani, dall’ora della Prima Comunione fino al funerale che segna la propria fine”.

Tra le foto del reportage che diventarono più famose ci fu proprio quella di un funerale, o meglio di una veglia funebre, che è considerata come un delle 100 migliori della storia della Fotografia. Un uomo, Juan Larra è morto e disteso sul letto. Come da usanza religiosa è attorniato dalle donne della sua famiglia, tutte vestite di nero, che piangono la sua dipartita. Tra di esse di vede al centro il volto di una giovane donna dai lineamenti delicati, Josefa Larra. La bellezza della giovane donna colpì un cittadino americano che se ne innamorò e le propose di sposarla e portarla con se in America. Ma la storia d’amore non fu a lieto fine, come si può leggere nell’articolo: Josefa Larra : come una fotografia può cambiare un destino.

III. Spanish Village : Scelte tecniche e di editing di Smith
La realizzazione del reportage su Deleitosa non fu facile per William Eugene Smith. Egli dovette affrontare molti problemi sia pratici che tecnici. Innanzitutto si trasferì per molto tempo nel villaggio condividendo la quotidianità degli abitanti, quindi adattandosi alla loro dieta alimentare e alla condizione delle abitazioni che erano rimaste ferme ad un periodo di millenni addietro. Dopo aver ottenuto la fiducia della comunità potè cominciare a fotografarli nelle loro attività quotidiane, cercando di non interferire, ma come un osservatore silenzioso, quasi invisibile.

Smith decise di utilizzare una fotocamera Graflex 4×5 , quindi un’attrezzatura pesante e questo gli rendeva il lavoro molto faticoso e gli impediva di essere molto mobile. In compenso però questo tipo di fotocamera gli permise di catturare immagini di altissima qualità, con una risoluzione e una profondità senza precedenti. Un’altra grande sfida fu quella di lavorare con la luce naturale. Smith utilizzava solo la luce del sole per illuminare le sue immagini, ciò significava che doveva sfruttare al massimo le ore del giorno con la luce migliore e doveva essere molto veloce nel decidere la composizione delle fotografie poiché la luce naturale poteva essere molto mutevole e quindi difficile da gestire.

Con l’onestà del bianco e nero, le fotografie di William Eugene Smith mostravano persone con la rassegnazione negli occhi, volti coriacei, bambini scalzi, donne magre che prendevano l’acqua alla fontana e lavavano i panni nei ruscelli, asini come unico mezzo di carico, la miseria, la religione, la guardia civile che vigilava su tutto, la tristezza e la mancanza di tutto. Le immagini di Smith consentirono di aprire una finestra sulle condizioni di vita degli abitanti di una piccola comunità rurale spagnola negli anni ’50, in un momento di grande sofferenza nella storia del Paese a causa della mancanza di libertà imposta dalla dittatura.

Per quanto riguarda l’editing, Smith era già noto per il suo uso innovativo delle tecniche di stampa che gli permisero di creare immagini di straordinaria bellezza e profondità. Egli utilizzava tecniche di dodging (sottrarre) e burning (bruciare) per controllare la luminosità delle immagini e per creare effetti di chiaroscuro unici. Inoltre sperimentava continuamente con le tonalità di colore, creando immagini dai colori saturi e intensi. Proprio le immagini del reportage “Spanish Village” dimostrano che Smith arrivava spesso alle stampe finali con robusti interventi di camera oscura, anche esponendo insieme negativi diversi, mascherando e bruciando fino all’eccesso, tagliando i negativi e continuamente regolando la composizione.

Inoltre, Smith non aveva preconcetti a costruire una scena, ovvero chiedere alle persone di posare per lui, magari in una situazione che era già accaduta ma non aveva avuto il tempo di fotografare. E’ quello che accadde per la sequenza delle foto che ritraggono un bambina nel giorno della sua comunione. Come ricorderà 57 anni più tardi la protagonista Lorenza Nieto Curiel , in realtà aveva ricevuto l’Eucarestia a Deleitosa un mese prima, insieme a una trentina di bambini del paese. Ma William Eugene Smith aveva convinto la madre, Alfonsa, a vestire di nuovo la bambina di bianco e ripetere la scena del percorso verso la chiesa. La madre inizialmente era riluttante perché voleva tagliare il vestito per riutilizzarlo in estate, ma poi acconsentì per avere così delle fotografie a ricordo di quel giorno così importante.


Da un’intervista che Philippe Halsman fece a William Eugene Smith a New York nel 1956, e che è stata solo di recente scoperta dalla American Society of Media Photographers, si è potuto venire a conoscenza di come Smith lavorava a Deleitosa e di come sono state realizzate alcune delle immagini del reportage. Ad esempio, alla domanda di Halsman se la fotografia di una donna spagnola che gettava acqua per strada era stata messa in scena, Smith rispose che era autentica, ma che non avrebbe avuto esitazione a chiedere alla donna di ripeterla se non avesse fatto in tempo a fare una buona foto, perché comunque avrebbe rappresentato qualcosa di totalmente autentico di quel posto.

E alla domanda di Halsman sul perché era così pronto ad infrangere una regola base della fotografia, Smith rispose :
“Non ho scritto io le regole, perché dovrei seguirle? Dedico molto tempo e ricerche per conoscere e decidere cosa voglio rappresentare. Chiedo di ripetere un gesto e aggiusto in camera oscura quando ritengo che sia legittimo. L’onestà ricade sulla mia capacità di capire come fotografo“.

William Eugene Smith rifiutava l’idea che una fotografia potesse costituire una oggettiva e autentica rappresentazione del reale. Egli ambiva a rappresentare invece la verità nella sua essenza, come lui (artista) la percepiva:
“bisogna osservare e sentire ciò che ci circonda e interpretarlo, traducendolo in un lavoro finito, se necessario anche aggiustando la realtà per farla aderire meglio alla verità”.

Per William Eugene Smith il lavoro del fotografo è innegabilmente soggettivo. Per quanto si combatta per avere un atteggiamento realista, di semplice registratore dei fatti, nel momento in cui si fanno le scelte tecniche di selezione del soggetto, inquadratura , illuminazione ed istante esatto dell’esposizione si realizza un’immagine personale, dovuta alla propria sensibilità, che per ogni fotografo è differente. Ciò che lui cerca di fare in camera oscura è di accentuare l’emotività della fotografia, secondo la propria sensibilità perché la Fotografia, se usata in maniera appropriata, costituisce “uno straordinario strumento comprendere la realtà”.

E se le immagini risultanti sono magnifiche e probabilmente più rappresentative della realtà stessa vuol dire che lo scopo finale è raggiunto, e poco importa sapere se, nella realtà, quel carretto di buoi o quel contadino erano illuminati da un luce più tenue o erano disposti in maniera diversa o erano stati messi in posa. Egli aveva “visto” un’immagine che ci raccontava un villaggio spagnolo e l’aveva realizzata: una splendida immagine, formalmente eccelsa e di elevato potere documentario.

Infine, una grande sfida tecnica per William Eugene Smith fu quella di creare un filo narrativo coerente per il reportage. Quindi per testare la qualità delle foto scattate dovette adattare una camera oscura provvisoria dove poter sviluppare i negativi e selezionarli per decidere se includerli nel reportage o ripetere gli scatti. Egli doveva selezionare le immagini migliori tra migliaia di scatti e organizzarle in modo da creare un “arco narrativo” che raccontasse una storia coerente e significativa sulla vita degli abitanti di Deleitosa. Questo lavoro di scelta fu cruciale per il successo del reportage facendolo diventare un capolavoro della fotografia documentaria.

( Per approfondire la capacità narrativa attraverso le immagini di William Eugene Smith leggi l’articolo : 56. William Eugene Smith: l’ Arte della “narrazione fotografica” ).
IV. L’eredità di Spanish Village
Il reportage “Spanish Village” contiene molte delle foto memorabili realizzate da Smith. prime fra tutte “La filatrice” ( The spinner) e “La veglia” (“El Velatorio de Juan Larra”) che sono incluse nelle 100 fotografie migliori di tutti i tempi.

La rivista “Life” che conteneva l’articolo di Smith uscì il 9 aprile 1951 e vendette più di dieci milioni di copie. Da allora, “Spanish Village” è considerato uno dei capolavori della fotografia documentaria umanista del XX secolo. Il suo impatto duraturo testimonia la capacità di Smith di cogliere l’essenza della vita umana attraverso le immagini e di raccontare attraverso di esse una storia coerente e significativa. “Spanish Village” non è solo un importante documento storico e culturale: è anche un esempio della maestria di Smith come fotografo-narratore. Ed è questo aspetto che ha influenzato e continua ad influenzare molti fotografi e artisti successivi e che fa di William Eugene Smith un Maestro indiscusso della Fotografia.

La morte del dittatore Francisco Franco il 20 novembre 1975 portò alla proclamazione il 22 novembre di Juan Carlos di Borbone come Re e Capo di Stato , il quale diede inizio alla transizione democratica che portò alla Costituzione. Le elezioni generali in Spagna del 15 giugno 1977 furono le prime dopo quarantanni di dittatura ( e ultime c’erano state nel 1936).Oggi Deleitosa ha perso molti dei suoi abitanti ( ne conta solo 865 rispetto agli oltre duemila degli anni ‘50) e molti di quelli immortalati da Smith non sono più in vita; ma anche le generazioni successive gli sono grate per aver donato loro un’istantanea preziosa di un’epoca passata e dei loro avi. Per questo non hanno dimenticato la sua visita e gli hanno intitolato una via del loro paese, a perenne ricordo e ringraziamento.








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