Il Premio Pulitzer per la Fotografia : Storia di uno dei premi più prestigiosi al mondo.

da | Apr 5, 2023 | Contest Fotografici | 0 commenti

Il Premio Pulitzer è oggi il massimo riconoscimento nel campo del fotogiornalismo. Per i fotografi è un punto di arrivo, l’aspirazione massima per la loro carriera. Ma ciò che fa di un’immagine un fotografia “da Premio Pulitzer” ancora non è stato ben compreso. Si sa solo che per vincere il Premio Pulitzer ci vuole, oltre al talento, anche un duro lavoro, sacrificio e coraggio.

I – La Storia del Premio Pulitzer dalla fondazione ad oggi

Il Premio Pulitzer fu istituito nel 1917 a memoria e per volontà del giornalista ed editore Joseph Pulitzer, morto nel 1911, fondatore del quotidiano “New York World” e benefattore della Columbia University. All’epoca prevedeva solo 4 categorie di vincita, tutte legate al Giornalismo; ossia non era previsto alcun premio per la Fotografia, forse perché il Fotogiornalismo era ancora agli albori. Poi, nel 1942, il Premio fu esteso al lavoro dei fotografi professionisti che si erano distinti per la loro abilità nell’immortalare momenti importanti della storia contemporanea. Nel 1968 fu deciso di sostituire il premio unico dedicato alla Fotografia ( il Pulitzer Prize for Photography) con due premi separati: uno per il miglior servizio fotografico (il “Pulitzer Prize for Feature Photography”) e uno per la miglior fotografia “dell’ultima ora”, ossia della recente storia contemporanea (il “Pulitzer Prize for Spot News Photography” , che nel 2000 fu ribattezzato “Pulitzer Prize for Breaking News Photography”). Dal 2020 le categorie del premio sono diventate 21, più un “premio speciale” non sempre assegnato. Di queste : 2 riguardano il Fotogiornalismo, 13 riguardano il giornalismo e 7 le Arti e le Lettere.

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Joseph Pulitzer (Ungheria, 10 aprile 1847 – Stati Uniti, 29 ottobre 1911)

Le due categorie dedicate al Fotogiornalismo sono:

1 – ( NEWS) fotografia di ultim’ora (Breaking News Photography) = fotografie singole o in serie realizzate su avvenimenti molto recenti.

2- (FEATURE) servizio fotografico (Feature Photography) = serie di fotografie (portfolio) che rappresentano una raccolta di immagini che mostrano una visione unica e coerente di un argomento o un evento specifico.

Per completezza riporto brevemente le altre categorie del Premio Pulitzer:

Le 13 categorie dedicate al giornalismo sono: 1. servizio pubblico (Public Service) , 2. ultim’ora (Breaking News Reporting), 3-divulgativo (Explanatory Reporting), 4- investigativo (Investigative Reporting), 5- locale (Local Reporting), 6- nazionale (National Reporting), 7- internazionale (International Reporting), 8- miglior articolo (Feature Writing), 9- commento (Commentary), 10- critica (Criticism), 11 – editoriale (Editorial Writing), 12 – vignetta editoriale (Editorial Cartooning), 13-poscast  (Audio Reporting).

Le 7 categorie dedicate alle Arti e alle Lettere sono: narrativa (Fiction), drammaturgia (Drama), storia (History), biografia e autobiografia (Biography or Autobiography), poesia (Poetry), saggistica (General Non-Fiction) e musica (Music).

II – Caratteristiche del Premio Pulitzer e requisiti per partecipare

I vincitori di ogni categoria ricevono un premio di 15mila dollari, ad eccezione dei vincitori del premio per il “servizio pubblico” che ricevono una medaglia d’oro. Nel 2022 la medaglia d’oro al miglior servizio pubblico è andata ai giornalisti del Washington Post è per aver documentato l’attacco di Capito Hill del 6 gennaio 2021, quando i sostenitori del ex presidente Donald Trump assaltarono il Congresso. Secondo la giuria, il quotidiano è riuscito a fornire «al pubblico una comprensione completa e incrollabile di uno dei giorni più bui della nazione».

Il Premio Pulitzer, fin dalla sua istituzione è stato regolarmente assegnato ogni anno, di solito nel mese di aprile, dalla Columbia University di New York ed è aperto ai partecipanti di tutto il mondo che esercitano una professione riconosciuta legalmente nell’ambito delle categorie del premio, ma nel caso della fotografia, anche ai dilettanti. Infatti, le regole del concorso non prevedono restrizioni circa l’esperienza che deve avere il fotogiornalista e, se è vero che solitamente le foto premiate sono state scattate da fotografi esperti assegnati ai servizi di copertina di grandi quotidiani internazionali, le fotografie possono essere state realizzate anche da dilettanti o passanti che hanno la macchina fotografica a portata di mano nel momento in cui il loro sguardo incrocia un istante memorabile. Ad esempio, nel 1954 a vincere il Premio Pulitzer per la Fotografia fu una fotografa amatoriale di nome Virginia Schau che scattò una spettacolare operazione di soccorso per salvare un camionista coinvolto in un incidente su un viadotto tra Los Angeles e Portland . L’unico, ma importante requisito è che tali fotografie siano state pubblicate su un quotidiano degli Stati Uniti e che siano state scattate nell’anno solare precedente all’anno di assegnazione del Premio.

Circa il contenuto delle immagini non ci sono indicazioni, anche se la storia del Premio insegna che a vincere sono solitamente i grandi eventi storici e i momenti di alto valore drammatico o umano. Una cosa è certa, una fotografia “da Pulitzer” deve catturare un’emozione, una tensione di un istante con un’intensità non definibile con le parole.

Le fotografie vincitrici del Pulitzer sono lo specchio del tempo presente e la memoria del tempo passato. Guardarle significa ricordare i successi e le tragedie del mondo, il coraggio e la creatività di coloro che le hanno scattate. Perchè molto spesso ciò che rende tali fotografie così “potenti” non è l’immagine in sé, ciò che esse raffigurano, ma il pensiero di cosa c’è voluto per scattarle: il rischio e i sacrifici di chi ha lasciato la sicurezza di un lavoro di routine per andare in luoghi difficili e pericolosi dove facilmente si può perdere la vita. Basta pensare a tutti i fotografi morti su un campo di battaglia durante la Seconda Guerra Mondiale o in Vietnam o in Africa , o a quelli sopravvissuti che però porteranno per sempre con se le ferite fisiche ed emotive dei pericoli e delle cose che hanno visto.

Il Premio Pulitzer premia anche questo : il difficile lavoro di un Fotoreporter, un lavoro duro e fisicamente impegnativo dove le opportunità di uno scatto o meglio, dello “scatto della carriera” , quello che ti farà vincere il Premio Pulitzer, sono effimere.

III – Il Premio Pulitzer in 12 Fotografie Memorabili

Vediamo ora una breve descrizione delle 12 fotografie, vincitrici del Premio Pulitzer, che sono entrate a far parte della coscienza collettiva, a partire dalla prima assegnazione nel 1942, fino al giorno d’oggi ( le foto dal 1968 in poi sono della categoria: “NEWS” ):

1. 1945: Joe Rosenthal (Associated Press) : “La bandiera di Iwo Jima”.

Il 19 febbraio 1945 i marines americani sbarcarono sull’isola giapponese di Iwo Jima (“isola dello Zolfo”) a circa 1100 km di distanza da Tokyo. Dopo cinque giorni di battaglia sulla sabbia nera dell’ isola, il fotografo Joe Rosenthal che era al seguito delle truppe, si aggiunse a un plotone di marines che stavano per salire sul Monte Suribachi per issare una bandiera. Ma a metà salita incontrarono un sergente che scendeva e disse loro che la bandiera era già stata issata. Rosenthal decise di proseguire lo stesso per scattare alcune foto dell’isola dall’alto. Ma quando arrivò su vide che un gruppo di marines stavano issando una seconda bandiera, molto più grande della prima, così fece un unico scatto riprendendo alcuni soldati che tenevano ferma l’asta mentre altri cercavano qualcosa con cui fissarla al suolo. Poi scattò altre foto del plotone con le armi alzate intorno alla bandiera. Ma fu quel primo scatto di 1/400 di secondo, che due giorni dopo era su tutti i quotidiani degli Stati Uniti, a fargli vincere il Premio Pulitzer lo stesso anno e a diventare la fotografia più famosa della Seconda Guerra Mondiale.

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2.1958: Bill Beall (Washington Daily News) : “ Il bambino e il poliziotto”.

Il 10 settembre 1957 il fotografo Bill Beall si ritrovò nel mezzo di una parata organizzata dai commercianti cinesi di Washington. Tra colorati leoni di carta che scuotevano la testa e petardi che esplodevano tutt’intorno, in un angolo della strada l’agente di polizia Maurice Cullinane sorvegliava la sicurezza dell’evento. Appena l’agente vide che un bambino di 2 anni ( di nome Allen Weaver) era sceso dal marciapiede per vedere più da vicino quelle strane creature fiabesche percepì il pericolo perché il bambino i stava avvicinando troppo ai petardi e gl iandò incontro piegandosi per spiegargli che era meglio se fosse tornato sul marciapiede. Il bambino ascoltava con attenzione e Bill Beall, che stava assistendo alla scena con la coda dell’occhio, decise di scattare una fotografia che è diventata una delle più incantevoli immagini che abbia mai vinto il Premio Pulitzer.

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3. 1963: Hector Rondon ( La repùblica) : “ Rivoluzione e assoluzione”.

Nel 1962 il Venezuela era interessato da una guerra interna tra il governo centrale e i ribelli che da mesi cercavano di rovesciarlo. Il fotografo Hector Rondon si era unito all’esercito governativo e si trovava a Puerto Cabello dove la battaglia divenne feroce: tra carri armati, insorti trincerati in ogni casa, aerei che sorvolavano a bassa quota il centro urbano e contadini armati di machete che giungevano dalle campagne circostanti per assistere gli insorti. In mezzo a tutto questo caos, con il piombo che volava ovunque, il fotografo scorse un prete che camminava avanti e indietro per la strada per offrire gli ultimi sacramenti ai moribondi. Quando un soldato gravemente ferito si trascinò fino al prete ( in seguito identificato in padre Luis Padilla) stringendosi alla sua tonaca, il fotografo, che era steso a pancia a terra dietro a un carro armato, scattò un fotografia senza potersi neanche alzare per inquadrare meglio. Poi padre Padilla, dopo aver amministrato il sacramento al soldato proseguì verso gli altri feriti tra i proiettili che schizzavano sul cemento intorno a lui.

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4. 1964: Robert Jackson ( The Dallas Time-Herald) : “ L’ attentato a Lee Harvey Oswald, in diretta mondiale”.

Nel momento in cui il presidente Kennedy fu ucciso per le strade di Dallas il fotografo Robert Jackson si trovava nel corteo di auto al seguito del presidente. Quando si sentì il colpo d’arma da fuoco alzò lo sguardo nella direzione da cui proveniva lo sparo e vide una canna di fucile fuori da una finestra. Ma non fece in tempo a scattare una fotografia perché subito l’arma sparì dalla vista. Due giorni dopo, il 24 novembre 1964, Jackson, ancora rammaricato di aver perso la fotografia del fucile, si trovava nella prigione cittadina dove l’assassino del presidente, Lee Harvey Oswald, stava per uscire per essere trasferito alla prigione della contea. C’erano le telecamere della NBC che trasmettevano in diretta e numerosi fotografi appostati. Jackson teneva la camera sempre su Oswald e all’improvviso vide entrare nell’inquadratura un uomo (Jack Ruby) con un cappello di feltro che all’improvviso sparò. Nello stesso istante Jackson premette l’otturatore e il lampo di luce del flash avvolse Oswald che gridò e cominciò ad accasciarsi. Non potè scattare altre foto perché la concitazione del momento gli oscurò la scena d’azione. Quindi capì che era finita: o era riuscito a fare un buon unico scatto o aveva perso di nuovo il momento giusto. Si precipitò in camera oscura e qualche minuto dopo la stampa di quel negativo mostrava che Jackson era riuscito a congelare, nell’esplosione del flash elettronico ad alta velocità, il momento esatto in cui Oswald veniva raggiunto dal colpo di pistola. L’immagine di Jack Ruby che si lancia sparando contro Oswald, a soli tre metri dalla macchina fotografica di Jackson, valse a quest’ultimo il Premio Pulitzer.

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5. 1968: Rocco Morabito ( Jacksonville Journal-Florida) : “The Kiss of Life” (L’alito della vita).

Il 17 luglio 1987 in un sobborgo di Jacksonville, in Florida, una squadra di elettricisti era intenta a ripristinare le linee elettriche interrotte a causa di un guasto, mentre il fotografo Rocco Morabito era stato inviato nello stesso sobborgo dal suo giornale per un incarico. All’andata aveva notato i guardafili arrampicati sui pali che lavoravano, ma fu subito dopo, al ritorno, che si trovò davanti ad una situazione di emergenza. Uno degli elettricisti, Randall Champion, aveva toccato un cavo attivo e una scarica elettrica da 220 volt gli aveva attraversato il corpo fino ai piedi. Ormai era svenuto sul palo e la sua imbragatura di sicurezza lo teneva appeso a testa in giù evitando di farlo cadere. Gli altri elettricisti si precipitarono giù dai loro pali correndo e il primo a raggiungere il palo di Champion fu Jimmy Thompson che cominciò a praticargli la rianimazione cardiopolmonare. Morabito all’inizio non capiva che problema ci fosse, uscì dalla macchina e d’istinto fece una fotografia verso il palo. Solo allora si rese conto della situazione e chiamò i soccorsi, che già stavano arrivando perché la squadra di elettricisti aveva già provveduto. Poco dopo Thompson gridò: “Respira!”e arrivò l’ambulanza. Morabito scattò qualche altra foto e tornò al giornale a sviluppare il rullino. Anche se era già scaduto il termine ultimo per andare in stampa il direttore decise di aspettare e pubblicare la fotografia in prima pagina, in grande formato. Era un’immagine positiva che mostrava un uomo salvarne un altro, in un periodo dove le prime pagine dei giornali riportavano solo immagini della guerra del Vietnam e degli scontri per i diritti civili.

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6.1969: Eddie Adams (Associated Press) : “Esecuzione per le strade di Saigon”.

Una delle foto più cruente scattate durante la guerra del Vietnam fu realizzata dal fotoreporter Eddie Adams per le strade di Saigon. Era il 1 febbraio 1968 e Adams era in strada mentre poco distante c’era uno scontro a fuoco tra i soldati dell’esercito vietnamita e i ribelli Vietcong. Si diresse verso il campo dell’azione e vide venirgli incontro un gruppo di soldati che strattonavano un prigioniero con una camicia a quadri che aveva le mani legate dietro la schiena. Era accusato di essere una spia vietcong. Adams non si preoccupò molto, sembrava una situazione tranquilla in cui dei poliziotti scortano un sospetto criminale in caserma, per cui cominciò a scattare delle foto mentre si avvicinavano. Quando il gruppo fu vicinissimo a lui, a circa un metro e mezzo, un uomo entrò nel mirino della sua fotocamera, da sinistra, estrasse una pistola dalla fondina e la puntò alla testa del prigioniero con un gesto intimidatorio. Adams scattò una foto in quel preciso momento, col prigioniero che contrae il volto in una smorfia di terrore. Quello che accadde subito dopo, Adams fece fatica a spiegarselo. Il soldato sparò davvero e il prigioniero cadde a terra in una pozza di sangue che gli sgorgava dalla testa. Emotivamente esausto e turbato dall’episodio , Adams rientrò in ufficio e riavvolse il rullino con l’intera sequenza dell’esecuzione , che fu trasmessa in tutto il mondo. La fotografia in cui il tenente colonnello Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia del Vietnam del Sud, spara a bruciapelo al prigioniero Nguyen Van Lém, fece molto scalpore e comparve sui cartelli dei manifestanti contro la guerra che la portavano ad esempio del genere di alleati che gli Stati Uniti avevano in Vietnam. Pur vincendo il Premio Pulitzer, e molti altri premi, con questa fotografia, Adams non ne parlava mai, ma ammise che lo ossessionava ancora, a decenni di distanza.

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7.1973: Nick Ut (Associated Press) : “Il terrore della Guerra”.

L’8 giugno 1972 il reporter Nick Ut era vicino al villaggio di Trangbang, che si trovava sulla strada di collegamento tra Saigon e la capitale della Cambogia, Phnom Penh. Qui, ormai da giorni, l’esercito vietnamita cercava di eliminare un’ostinata unità di Vietcong dal villaggio. Sceso dal furgone, parcheggiato ad una certa distanza dal fulcro del conflitto, insieme ad altri fotografi si incamminò verso Trangbang. In cielo apparve una squadriglia di aerei sud-vietnamiti che si gettarono in picchiata sulle postazioni dei vietcong scaricando mortali bombe al napalm. Per un errore di calcolo la massa infuocata delle bombe colpì le truppe amiche e i civili e gli stessi fotografi, troppo vicini alle esplosioni furono avvolti da una nuvola di fumo ardente e cambiarono direzione di marcia tornando indietro. Dietro di loro, dalla nuvola di fumo cominciò a uscire la gente del villaggio urlando e tra di essi alcuni bambini tra cui una bambina che si era strappata i vestiti di dosso per sfuggire al fuoco. Nick Ut si era voltato per fare delle foto e la riprese mentre correva verso di lui gridando “Brucio, brucio” in vietnamita. Subito dopo Ut le bagnò la schiena ustionata con l’acqua della sua borraccia e insieme al padre della bambina la portarono all’ospedale di Saigon. Tornato in ufficio ci fu una discussione sul fatto di rendere subito pubblica quella fotografia perché la ragazzina era completamente nuda, per cui si decise di aspettare ed inviarla a New York alla sede dell’Associated Press. Qui si convenne che il suo valore documentale era superiore a qualsiasi riserva sulla nudità della ragazzina per cui venne pubblicata in tutto il mondo.

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Questa fotografia divenne un’icona e tuttora è il simbolo dell’orrore della guerra del Vietnam e, in generale di tutte le guerre. Nick Ut andò nei giorni successivi a trovare in ospedale la bambina. Il suo nome è Phan Thi Kim Phuc e lei e Ut riuscirono a tenersi in contatto anche dopo la guerra, quando Kim chiese asilo al Canada mentre Ut viveva a Los Angeles. Le loro vite restarono unite per sempre da una fotografia.

8. 1974: Sal Veder (Associated Press) : “Un’esplosione di gioia – Il tenente colonnello Robert Stirm torna a casa”.

Sal (Slava) Veder lavorava per l’Associated Press che gli assegnò l’incarico di effettuare un reportage sul rilascio internazionale dei prigionieri di guerra americana a Saigon. Il 17 marzo 1973 a bordo di un C-141 stavano facendo ritorno negli Stati Uniti un gruppo di prigionieri tra cui l’ l’ufficiale dell’aeronautica statunitense Robert L.Stirm che era stato abbattuto sopra Hanoi il 27 ottobre 1967 mentre conduceva un F-105S durante una missione di bombardamento. Catturato e imprigionato, era stato liberato dopo sei anni di prigionia in Vietnam del Nord. Sal Veder e il suo collega dell’Associated PressWalt Zebowski andarono ad aspettarli alla base aerea di Travia, a ovest di Sacramento. Qui si divisero i compiti: Veder sarebbe andato a scattare le fotografie vicino ai cancelli della pista di atterraggio, mentre Zebowski avrebbe approntato un laboratorio di sviluppo nella base aerea, per sviluppare subito i rullini e trasmettere le fotografie, per primi , ai giornali di tutto il mondo. Così Veder si ritrovò con gli altri fotografi e le famiglie dei prigionieri nell’area degli arrivi. Il tenente colonnello Robert L.Stirm era l’ufficiale di più alto grado tra i reduci, così dovette fare un discorso per i presenti. Furono brevi parole che riflettevano la felicità di tutti i prigionieri per il loro ritorno a casa. Dopo aver concluso il discorso il tenente si guardò intorno alla ricerca di un famigliare. Sapeva che i figli erano ormai cresciuti e cercava di individuarli tra la folla. Ma furono loro a corrergli incontro, per prima la figlia Lorrie di 15 anni che corse verso il padre a braccia aperte, e poi dietro di lei il resto della famiglia: Bo, Cindy, la moglie Loretta e Roger. Sal Veder stava osservando la scena e in quel preciso istante scattò la fotografia.

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Poi Veder riavvolse il rullino e lo portò a Zebowsky per svilupparlo. Poco dopo la foto fu pubblicata sui giornali col titolo: “Un’esplosione di gioia” diventando in poco tempo famosissima perché per gli Americani rappresentava la fine del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam. La fotografia valse a Sal Veder il Premio Pulitzer l’anno seguente, ma la gioia della fotografia era solo apparente. La realtà era diversa: lo stesso giorno che era stato liberato dalla prigionia, ovvero tre giorni prima del rientro negli Stati uniti, il tenente Roger Stirm aveva ricevuto una lettera dalla moglie Loretta che lo informava che la loro relazione era finita; infatti l’anno dopo, nel 1974 divorziarono e Loretta si risposò. E quando Veder, lo stesso anno, vinse il Premio Pulitzer inviò una copia della fotografia a tutti i membri della famiglia Stirm. Tutti la esposero nelle loro case, tranne il tenente Stirm che disse di non sopportare di vederla perché gli ricordava l’inferno da cui stava arrivando.

Una curiosità su Sal Veder è che, nonostante fosse un fotografo “di provincia” ossia non di grande fama, già all’inizio della sua carriera, nel 1950, aveva sfiorato il Premio Pulitzer. Infatti, egli si trovava al fianco del fotografo Bill Crouch a Oakland, durante una manifestazione di acrobazie aeree. Quando due aerei entrarono in collisione a mezz’aria con l’ala di un bombardiere che mancò un biplano di circa un metro, Crouch riuscì a scattare la fotografia che gli fece vincere il Premio Pulitzer nel 1950, mentre nel frattempo Sal Veder stava ricaricando la sua macchina fotografica. Per questo Veder diceva che il Premio Pulitzer del 1974 era il risarcimento di quello mancato nel 1950.

9. 1976: Stanley Forman (Boston Herald American) : “Il crollo di un balcone antincendio a Boston”.

Il 22 luglio 1975, a Boston, il fotografo Stanley Forman era sintonizzato con la sua radio su quella della centrale di polizia, come faceva spesso per sapere in anticipo qualche informazione su possibili scene interessanti da fotografare per il suo giornale. Fu così che seppe che sepep che c’era un incendio nel quartiere di South End con persone intrappolate in un edificio. Precipitatosi sul luogo trò già i pompieri a lavoro in quella che sembrava una classica operazione di soccorso. Forman si arrampicò su uno dei camion dei pompieri per vedere meglio la scena e vide un pompiere che si stava calando sul balcone di una scala antincendio dove una ragazza e una bambina si erano rifugiate. Quando il pompiere raggiunse le due donne i tre si mossero lentamente per raggiungere la parte sporgente della scala e afferrare l’estremità della scala di salvataggio che i pompieri a terra avevano innalzato. Forman osservava tutto attraverso il suo obiettivo scattando foto ad ogni sequenza e all’improvviso udì un suono terribile, misto tra un urlo e il rumore di parti metalliche che precipitavano. Distolse lo sguardo dal mirino perché non voleva vedere quelle persone sfracellarsi al suolo. Pensava che tutte e tre fossero precipitate, ma poi guardando in alto vide che il pompiere era riuscito ad aggrapparsi alla scala. La diciannovenne Diane Bryant morì nella caduta , ma attutì la caduta della nipote, che precipitò su di lei , e le salvò la vita. Quando le fotografie di Foreman furono pubblicate i lettori accusarono i giornali di macabro sensazionalismo, di non fermarsi nemmeno davanti alla tragedia di una giovane ragazza che sta per morire. Questa fotografia vinse il Premio Pulitzer proprio per il suo contenuto altamente drammatico e sconvolgente.

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10.1977: Stanley Forman ( Boston Herald American) : “ Manifestazione studentesca a Boston”.

Stanley Forman aveva appena vinto il Premio Pulitzer, che gli ripresentò un’altra occasione buona. Era il 4 maggio 1976 e anche questa volta aveva sentito una notizia dalla centrale di polizia e cioè che c’erano dei disordini davanti al municipio dove un gruppo di studenti stava manifestando per questioni riguardanti il trasporto scolastico. Forman si diresse subito sul posto e cominciò a scattare fotografie. Ignaro di quanto stesse accadendo un avvocato di colore, Theodore Landsmark, si dirigeva verso gli uffici comunali e ad un certo punto fu accerchiato da un gruppo di studenti che senza un motivo preciso, in un moto di odio razziale, cominciarono a spintonarlo e a colpirlo. Forman era arrivato prima della polizia e quando alcuni ragazzi bloccarono l’avvocato mentre un altro studente cominciò a colpirlo ripetutamente con la punta dell’asta di una bandiera americana continuò a scattare fotografie. Una delle fotografie, “The Soiling of Old Glory”, che venne subito pubblicata sui quotidiani locali ed anche nazionali, fece scalpore per il suo significato, quasi paradossale: il simbolo patriottico dell’America, la bandiera a stelle e strisce della libertà veniva usata per una causa ingiusta ispirata dall’odio razziale. Era la seconda volta che una foto con la bandiera americana veniva premiata: la prima era stata quella della bandiera issata ad Iwo Jima, ma il significato del messaggio era completamente diverso.

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11. 1980 : Anonimo ( United Press International) : “Esecuzione dei Curdi a Sanandaj”.

Nell’Iran del 1979 non c’era spazio per la tolleranza e la fratellanza. O si era con l’ayatollah Khomeini o si era contro di lui. E i Curdi, minoranza etnica del Paese , pur condividendo con lui l’ostilità verso la cultura occidentale, non erano disposti a vedere l’ayatollah come il loro salvatore. Per loro era solo l’ennesimo dittatore che si considerava il rappresentante di Dio sulla terra. Così volevano l’indipendenza del Kurdistan ed erano disposti a combattere per il loro scopo. Khomeini mandò le milizie in Kurdistan per metterli in riga. Cominciò così quella che è ricordata come la “pulizia etnica” dei Curdi : uccisioni e stragi consumate in posti isolati dove i giornalisti e i fotografi non riuscivano ad arrivare. Ma il 27 marzo del 1979 un fotografo della United Press International, non si sa come, riuscì a scattare delle fotografie durante un’esecuzione di ribelli curdi e di due ex ufficiali di polizia del deposto scià di Persia, a Sanandaj. Le foto arrivarono alla stampa occidentale e una di queste vinse il Premio Pulitzer, ma la United Press decise di tenere nascosta l’identità del fotografo per evitare ritorsioni da parte del governo iraniano. Solo nel 2006 il Wall Street Journal pubblicò il nome dell’autore della fotografia, si trattava di Jahangir Razmi, un fotografo di Teheran che lavorava per il giornale Ettela’at. Razmi fu invitato a New York alla cerimonia del 2007 e gli venne consegnato il Premio Pulitzer di 10.000 dollari che gli spettava nel 1980.

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12. 2007: Odel Balilty (Associated Press) : “ Una contro mille”.

La foto fu scattata il 1° febbraio 2006 nella cittadina cisgiordana di Amona. Guardandola si è subito portati a pensare che rappresenti uno degli innumerevoli scontri tra Israeliani e Palestinesi. In realtà la situazione era diversa: erano Israeliani contro Israeliani. O meglio soldati israeliani che cercavano di evacuare coloni israeliani che avevano costruito le loro case sulla terra palestinese e che il tribunale di Istraele aveva dichiarato illegali. Il reporter israeliano Odel Balilty e altri fotografi sapevano che degli scontri erano inevitabili per cui giunsero sul posto per immortalare qualsiasi cosa accadesse. E non rimasero delusi: mentre le truppe di evacuazione avanzavano i coloni cominciarono a lanciare pietre e presto la situazione divenne caotica. Balilty notò che dalla fila dei contestatori avanzava una figura solitaria, una giovane donna con un gonna lunga che si mise davanti ai soldati spingendo contro i loro scudi protettivi. Ma essi la caricarono a testa bassa e la gettarono a terra, proseguendo verso il loro obiettivo. Intanto Balilty aveva immortalato la scena e l’immagine fu pubblicata in tutto il mondo suscitando reazioni contrastanti: da una parte dimostrava che il governo israeliano faceva finalmente qualcosa per la questione dei territori palestinesi occupati, dall’altro c’era chi pensava che il governo aveva fatto un uso eccessivo della forza contro il suo stesso popolo. Come la ragazza della fotografia, che si chiamava Nili e aveva quindici anni, che definì lo scatto un disonore per Israele perché mostrava l’esercito attaccare la popolazione anzicchè difenderla. Oltre al Pulitzer lo scatto si aggiudicò molti altri premi internazionali.

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Bibliografia:

“The Pulitzer Prize: The Inside Story of America’s Most Prestigious Award” di Roy J. Harris Jr.

” The Making of a Pulitzer: Prize Winning Disasters Coverage from the New York Times” di James Dao.

“Moments. Le foto vincitrici del Premio Pulitzer: una cronaca per immagini del nostro tempo ” di Hal Buell.

Link utili:

Sito Ufficiale del Premio Pulitzer : https://www.pulitzer.org/

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