56. William Eugene Smith: l’ Arte della “narrazione fotografica”

da | Mar 28, 2023 | Maestri del B/N, Maestri del XX° secolo | 0 commenti

Tra i grandi fotoreporter della Storia della fotografia , William Eugene Smith è ricordato soprattutto per essere stato, tra gli anni 1940-’50, uno dei più importanti collaboratori della rivista Life, che coniò per i suoi lavori il termine di “Photographic essays”, ossia “Saggi Fotografici” per la sua tecnica di strutturare il reportage fotografico che prevedeva prima una documentazione approfondita e poi una sequenza di immagini che narravano la Storia, proprio come in un racconto.

William Eugene Smith nacque a Wichita, in Kansas, nel 1918. Cominciò a fotografare giovanissimo, la madre era una fotografa per cui già da adolescente aveva a disposizione l’attrezzatura e la guida necessaria. I suoi primi scatti però non sono noti, perchè egli stesso li distrusse alcuni anni dopo giudicandoli troppo scarsi. Iniziò a collaborare con il giornale della sua cittadina e, nel 1936, fu ammesso alla Notre Dame University di Wichita dove un corso di fotografia fu istituito appositamente per il promettente giovane fotografo. Un anno dopo lasciò l’Università e andò a New York, dove studiò al New York Institute of Photography.

Grazie alla vittoria in un concorso amatoriale nel 1937 William Eugene Smith si fa notare ed inizia a lavorare nel fotogiornalismo. Nel 1939 inizia a lavorare per la rivista “Life” che, nel bene e nel male, sarà la rivista con cui verrà identificato per sempre, pur avendola lasciata una prima volta nel ’42 ed una seconda, definitiva, nel ’54, per divergenze su quanti dei suoi lavori venivano pubblicati, e come. Per Life iniziò a realizzare servizi fotografici sul mondo del Teatro e del Cinema come le serie: “Theatre Girls” e “Metropolitan Opera”.

I. William Eugene Smith : fotografo di Guerra

Ma la vera notorietà cominciò ad averla quando, sempre per Life, coprì come fotografo di guerra il teatro bellico del Pacifico: alcune delle immagini scattate durante queste operazioni divennero vere e proprie icone della seconda guerra mondiale, e dimostrarono la capacità di Smith di raccontare la Storia con la Fotografia.

Operazioni militari nel Pacifico 1944 foto William Eugene Smith 2
Operazioni militari nel Pacifico, 1944 (foto William Eugene Smith)

Nel 1942 Smith lasciò Life per lavorare come corrispondente di guerra per il magazine Flying (1943-44), ma un anno dopo ritornò a lavorare per Life, seguendo anche l’offensiva americana contro il Giappone. Durante questo periodo prese parte a 26 missioni di combattimento da portaerei ed a 13 invasioni terrestri. Attraverso un folle autostop militare a bordo di ogni mezzo possibile, aerei, navi o camion che fossero, faceva anche da fattorino espresso per i suoi rullini : il giorno del D-Day ad Okinawa e il giorno dopo, 200 miglia più lontano, a Guam per consegnare gli scatti a Life, per poi ritornare sull’isola nel pomeriggio, con l’aeroplano che portava i primi corrispondenti sul luogo dello sbarco.

Soldati a Saipan 1944. Foto William Eugene Smith 1
Soldati. Linea del Fronte, Saipan , 1944. ( foto William Eugene Smith)
La battaglia di Iwo Jima Marines americani fanno esplodere una bomba Febbraio 1945. 1
Battaglia di Iwo Jima – Marines americani fanno esplodere una bomba, Febbraio 1945. ( Foto William Eugene Smith)

Durante l’invasione di Okinawa, il 23 maggio 1945, fu seriamente ferito in diverse parti del corpo, soprattutto al volto, dall’esplosione di una granata. Durante i due anni seguenti subì ben 32 dolorosi interventi chirurgici e ad una lunga riabilitazione, in un periodo in cui si domandò più volte se avrebbe mai ripreso a fotografare.

William Eugene Smith nel Pacifico 1945. A destra dopo il ferimento al volto per lesplosione di una granata.
William Eugene Smith nel Pacifico , 1945. A destra dopo il ferimento al volto per l’esplosione di una granata.

II. William Eugene Smith : La rinascita

Nel 1947, due anni dopo essere tornato dal fronte della seconda guerra mondiale, dopo un periodo di due anni trascorso senza poter fare fotografie a causa della lunga riabilitazione a cui fu costretto per le ferite riportate in guerra, durante una passeggiata in campagna insieme ai suoi due figli, Smith riprese in mano il suo apparecchio e come primo scatto dopo la lunga convalescenza realizzò “A Walk to Paradise Garden” la sua fotografia forse più celebre ed emblematica che simboleggiò perfettamente la rinascita dell’autore unita alla speranza del mondo dopo il termine del secondo conflitto mondiale.

A walk to a Paradise Garden 1947 foto William Eugene Smith
“A Walk to a Paradise Garden” , 1947. ( Foto: William Eugene Smith )

Alla fine degli anni ’40 William Eugene Smith riprese il suo lavoro per la rivista Life realizzando servizi fotografici famosi, come attori e musicisti, ma soprattutto realizzò alcuni dei suoi più importanti Reportage, fotografie divenute pietre miliari del suo lavoro e della storia del fotogiornalismo.

Gregory Peck sul set di Twelve OClock High regia di Henry King1949. Foto William Eugene Smith
Gregory Peck sul set di “Twelve O’Clock High”, regia di Henry King, 1949. (Foto William Eugene Smith )
Lattore Charlie Chaplin allo specchio del camerino fa un ampio sorriso da clown sul set del suo film Limelight . 1952 Foto William Eugene Smith
Charlie Chaplin allo specchio del camerino fa un ampio sorriso da clown sul set del suo film “Limelight” , 1952. (Foto: William Eugene Smith)

III. William Eugene Smith : I grandi Reportage

Riportiamo qui la descrizione dei 6 più importanti reportage realizzati da William Eugene Smith, la maggior parte realizzati per la rivista Life, altri da indipendente. Per questi reportage, Smith ottenne da “Life” il permesso di sviluppare e poi stampare da sé le proprie immagini, caso unico nel suo genere, proprio in conseguenza della sua ossessione verso il controllo assoluto di ogni fase del suo lavoro. Alcuni di tali reportage sono ampiamente approfonditi in successivi articoli.

1- “The Country Doctor

Primo dei più importanti reportage di Smith, contiene fotografie divenute pietre miliari del suo lavoro e della storia del fotogiornalismo. Fu realizzato in Colorado tra il 1948- 1951 seguendo il lavoro quotidiano, e a volte frustrante, del medico generico Ernst Ceriani tra le città dell’America rurale; Il dottor Ceriani, nel suo piccolo studio medico, si occupava di tutto: dall’odontoiatria all’ortopedia, dal parto agli interventi chirurgici urgenti . Inoltre, con qualsiasi condizione atmosferica, percorreva le strade sterrate di campagna, a piedi o con mezzi di fortuna, per prestare soccorso a domicilio. A volte si addormentava nel suo studio, sul tavolo operatorio, stremato dalla giornata lavorativa. Per ricominciare la mattina seguente, all’alba, sempre se non c’era qualche emergenza nella notte.

Il medico Ernst Ceriani si reca a fare visite a domicilio. Colorados Rocky Mountains 1948. fotoWilliam Eugene Smith
Il medico Ernst Ceriani si reca a fare visite a domicilio. Colorado’s Rocky Mountains, 1948. ( foto: William Eugene Smith)
A sinistra il Dr Ceriani trasporta un malato in barella a destra riposa sul tavolo operatorio. Kremmling Colorado USA 1948.foto William Eugene Smith
Il Dr Ceriani mentre trasporta un malato in barella e mentre riposa sul tavolo operatorio. Colorado, USA, 1948. (foto William Eugene Smith)

2- “Spanish Village

Nel 1950 William Eugene Smith si recò in Spagna per realizzare un reportage, per conto della rivista “Life”, sulle condizioni di vita del paese iberico sotto la dittatura franchista, dopo la guerra civile degli anni’30. Scelse di farlo prendendo a modello un piccolo paese, quasi un villaggio, dell’entroterra iberico, nella regione dell’Exremadura e chiamato Deleitosa. Qui si trasferisce trascorrendo le giornate ad esplorare i luoghi e soprattutto la vita quotidiana degli abitanti, tra folklore e miseria, volgendo lo sguardo ai murales sbiaditi della guerra che facevano da sfondo al misticismo rassegnato delle persone . E alla fine realizza molte delle foto più memorabili della sua carriera.

Alcune di queste foto dimostrano che, spesso e volentieri, Smith costruisse le sue immagini, disponendo i soggetti in un certo modo, o arrivando alle stampe finali con robusti interventi di camera oscura. Ma poco importa sapere che, nella realtà, quel carretto di buoi o quel contadino erano stati disposti in quel modo dallo stesso Smith. Egli aveva “visto” un’immagine che raccontava di un villaggio spagnolo e siccome per lui “bisogna osservare e sentire ciò che ci circonda e interpretarlo, traducendolo in un lavoro finito” era lecito, se necessario, aggiustare la realtà per farla aderire meglio alla verità.

Leggi i seguenti articoli per un approfondimento: https://bestphotohistory.org/spanish-village-william-eugene-smith/ e https://bestphotohistory.org/56c-josefa-larra-di-w-e-smith/

Deleitosa Provincia di Caceres. Extremadura Spagna 1950 51 foto William Eugene Smith
Deleitosa, Provincia di Caceres. Extremadura, Spagna, 1950-51. (foto William Eugene Smith)

3 – “The Nurse Midwife”

Realizzato nel 1951 seguendo le giornate di una levatrice di nome Maude, nel South Carolina. William Eugene Smith documenta con estrema precisione un mestiere, quello delle ostetriche a domicilio, esercitato solo dalla gente di colore per la loro comunità. Smith accompagna la levatrice nelle case delle partoriente, registra le fasi di preparazione al parto, partecipa ai corsi di insegnamento per nuove levatrici, documenta i primi giorni di vita dei neonati. Infatti, compito delle levatrici non era solo quello di aiutare la donna a partorire, ma iniziava prima, assistendo la madre e la famiglia, anche psicologicamente, durante il travaglio, e poi educando la madre all’allattamento ed alla cura del bambino nei giorni successivi, aiutandola a recuperare la salute. Quindi per un parto la levatrice poteva essere impegnata anche per una settimana e nei casi più difficili si trasferiva a casa della gestante per tutto il tempo necessario.

La levatrice Maude fa nascere un bambino. South Carolina 1951. Foto William Eugene Smith
A sinistra: un neonato viene guardato con curiosità dagli altri bambini attraverso una finestra. A destra: la levatrice Maude si prepara a far nascere un bambino. South Carolina, 1951. (foto William Eugene Smith)

4 – “A Man of Mercy

Questo fu l’ultimo reportage eseguito per la rivista Life, poi le divergenze divennero inconciliabili e Smith decise di lasciare il lavoro su commissione per essere più libero nella scelta del soggetto, nella scrittura e nell’impaginazione delle immagini e, non ultimo per un perfezionista come lui, nei tempi. William Eugene Smith conobbe il medico e musicista franco-tedesco Albert Schweitzer nel 1952, l’anno in cui aveva vinto il premio Nobel per la Pace (1952). Lo stesso anno lo seguì a Lambarené, una città del Gabon  occidentale in quella che era allora una provincia dell’Africa Equatoriale Francese, dove Schweitzer, fin dal 1913, aveva fondato una missione e ricavato un Ospedale da un vecchio pollaio. Dopo i primi inizi difficili con il medico che, oltre a dover lottare contro la natura che lo circondava, piogge torrenziali, animali feroci o infidi come serpenti e coccodrilli, dovette vincere anche la diffidenza degli indigeni prima, e poi la loro ignoranza, in quanto gli ammalati non si lasciavano avvicinare perchè si fidavano solo dei loro stregoni , col passare degli anni  il ” medico bianco” aveva conquistato la fiducia della gente di Lambaréné, e non solo.

Dal profondo della foresta, da villaggi lontani anche centinaia di chilometri, arrivano malati desiderosi di cure. Così decise, con i soldi vinti col premio Nobel, di costruire un nuovo grande ospedale ed il villaggio dei lebbrosi ,che fu inaugurato l’anno successivo con il nome di “Village de la lumière” (villaggio della luce). William Eugene Smith seguì i lavori per la costruzione del nuovo ospedale, che durarono un paio d’anni, realizzando un reportage intenso e pieno di umanità sul grande «Oganga» , ossia ” lo stregone bianco” , come era chiamato Albert Schweitzer dagli indigeni .

Il Dr. Albert Schweitzer a Lambarene in Gabon Africa Equatoriale Francese1954.Foto William Eugene Smith
Il Dr. Albert Schweitzer a Lambarene, in Gabon ( Africa Equatoriale Francese ),1954. (foto William Eugene Smith)

5 – “Pittsburgh

Nel 1955 William Eugene Smith riceve l’incarico di scattare 100 fotografie, nel tempo di tre settimane, della città di Pittsburg, in Pennsylvania, per la commemorazione del bicentenario della fondazione della città. Alla fine il lavoro durò tre anni producendo oltre 20mila negativi e rimase incompiuto, perchè solo qualche centinaio di tali negativi furono sviluppati e pubblicati mentre il fotografo era in vita, sul «Photography Annual» del 1959 della rivista «Popular Photography» con il titolo “Pittsburgh-Monumental Poem to a City”. Col tempo questo reportage si era trasformato per Smith in un progetto troppo ambizioso, egli voleva usare la città di Pittsburg come esempio per raccontare i paradossi della vita americana, tra luci, ombre e promesse di felicità e progresso. E poteva farlo con i suoi tempi dilatati ed in piena autonomia, visto che non lavorava più per “Life”.

Nel 1955 Pittsburg era una delle città più industrializzate degli Stati Uniti, e forse del mondo intero. Persone da tutto il mondo vi si trasferivano alla ricerca di un lavoro presso le numerose industrie siderurgiche. Smith ritrae una umanità sola, isolata e quasi sempre intenta a lavorare in stabilimenti di dimensione smisurata, alle prese con attrezzi di metallo, macchine, grasso e con polvere che ricopre ogni angolo di corpo lasciato scoperto.

Operai siderurgici con occhiali di protezione. Pittsburgh1955. foto William Eugene Smith
Operai siderurgici con occhiali di protezione. Pittsburgh,1955.( foto William Eugene Smith)

Molti scatti furono realizzati di notte, mentre la città non smetteva mai di lavorare, poiché i tempi imposti dalla siderurgia sono a ciclo continuo. Di notte il cielo era nero, interrotto solo dalle luci dei ponti e delle fabbriche, mentre di giorno il cielo prendeva il colore dal fumo catramoso grigio che usciva dalle ciminiere. Non c’erano stelle nelle notti di Pittsburg, ne di giorno c’erano nuvole bianche o voli e canti di uccelli. Con le sue immagini William Eugene Smith racconta di Pittsburgh come di un luogo malinconico dove si vive per lavorare e si lavora per vivere, tra le vampate del fuoco degli altiforni, le incessanti trame dei binari e le monotone e ripetitive architetture industriali senza alcuna bellezza. E questo paradosso del “sogno americano” Smith lo riporta nel suo bianco e nero ombroso e contrastato, con i toni chiari rarefatti e sporadici, senza luci, perchè se da qualche parte esiste ancora la luce va ricercata, forse, nell’interiorità delle persone, prima che la città avvolga anche quella con il suo fumo intenso.

Flaming coke con un gesto estremo un operaio cerca di spegnere un incendio Pittsburg 1955 Foto William Eugene Smith
“Dance of the Flaming Coke”, con un gesto estremo, un operaio cerca di spegnere un incendio, Pittsburg, 1955. (Foto William Eugene Smith)

6 – ” Minamata

Nel 1971 Smith realizzò uno dei suoi reportage più riusciti, “Minamata”, il racconto del disastro ambientale, umano e sociale di un villaggio di pescatori in Giappone, le cui acque furono avvelenate dai rifiuti tossici di mercurio di una grande industria chimica. Negli anni ‘50 e ’60, il mercurio, sversato nella baia di Minamata, era entrato nella catena alimentare concentrandosi nei pesci e nei molluschi, alimenti abbondantemente consumati dalla gente del posto. I primi casi del morbo furono, infatti, osservati nei pescatori che consumavano il pesce contaminato e nei loro familiari. Il disastro durava ormai da anni, ed aveva portato malattie, deformazioni e morte. Nel 1971 William Eugene Smith e sua moglie, Aileen Mioko Smith, si trasferirono a Minamata, determinati a raccontarne la storia attraverso il fotogiornalismo. Vi restarono più di tre anni raccogliendo informazioni, intervistando le persone colpite dalla malattia e gli abitanti del villaggio e la loro lotta contro le autorità locali e la fabbrica responsabile.

Durante una manifestazione Smith fu aggredito e ferito dai lavoratori della fabbrica che si opponevano alle rivelazioni che le sue fotografie portavano agli occhi di tutti. Nonostante ciò riuscì a scattare una serie di foto di cui emblematiche incredibilmente potenti e toccanti che catturavano l’enorme sofferenza degli abitanti e la gravità della situazione, e che, pubblicate su importanti riviste e giornali portarono alla luce la situazione contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento e sulla necessità di proteggere l’ambiente.

Un approfondimento di questo reportage lo puoi trovare qui:

Sversamenti di mercurio nella baia di Minamata Giappone 1971 Foto William Eugene Smith
Sversamenti di mercurio nella baia di Minamata, Giappone, 1971 (Foto: William Eugene Smith)

IV. William Eugene Smith : altri lavori e progetti

Il rapporto con la rivista Life si era già deteriorato verso il 1955 con il crollo della fiducia di Smith verso il sistema dell’informazione americano. Lasciato Life, William Eugene Smith era entrato nell’agenzia Magnum appena fondata, dove rimase pochi anni. Negli anni seguenti Smith si dedicò quasi con fanatismo alla sua missione di fotografo, e a causa di questa sua dedizione fu spesso considerato dagli editori come un soggetto con cui era difficile lavorare. Dopo essere rimasto per alcuni anni chiuso nel suo studio a New York, realizzando una splendida serie di fotografie da e dentro il suo loft sulla Sesta Strada, partì per un viaggio ad Haiti dove la sua attenzione fu rivolta alle condizioni umane più disperate: dai malati mentali rinchiusi nei manicomi, agli emarginati che dormivano per strada tra l’immondizia. Qui l’ uso del chiaroscuro si fa estremo: le persone sono ridotte a silhouette, sbucano dal buio delle tenebre in trance, percorrono le strade come zombi, dormono in capannoni abbandonati in mezzo ai rifiuti, sono solo “ombre” di uomini, a testimoniare la loro non- esistenza nella società.

A destra William Eugene Smith nel suo studio sulla Sesta Strada e a sinistra una delle foto scattate dalla sua finestra.
A destra William Eugene Smith nel suo studio sulla Sesta Strada e a sinistra una delle foto scattate dalla sua finestra. New York, 1957.
Malati di mente in un manicomio di Haiti 1958 59 foto william Eugene Smith
Malati di mente in un manicomio di Haiti, 1958-59 ( foto William Eugene Smith)

Durante gli anni Sessanta William Eugene Smith non fu molto attivo lavorativamente. Iniziò un progetto sul mondo della musica: ” The Jazz Loft Project” realizzando fotografie e registrazioni audio di cantanti e musicisti che si esibivano nel suo loft nel Greenwich Village che aveva trasformato in un luogo di ritrovo per i musicisti jazz.

Da sinistra Bob Dylan e Thelonius Monk. 1965 foto William Eugene Smith
Da sinistra: Bob Dylan e Thelonius Monk. 1965 (foto: William Eugene Smith)

Ma soprattutto si dedicò a combattere i suoi vecchi demoni, che lo perseguitavano da un bel pò di tempo: primo fra tutti il suicidio del padre nel 1936, quando lui aveva 18 anni, una ferita accentuata dallo scandalo provocato dai giornali che all’epoca distorsero i fatti, e che segnò profondamente il suo animo negli anni a venire ; poi il rapporto con la personalità dominante della madre, anch’essa fotografa, il continuo rapporto di amore-odio con gli editori e le riviste e, più in generale il crollo della fiducia verso il sistema di informazione americano , poi le dure esperienze vissute durante la Seconda Guerra Mondiale culminate con le gravi ferite che gli comportarono, oltre ai due anni di cure, una forte dipendenza dalle anfetamine che lo accompagnerà fino alla morte; a seguire due matrimoni e due divorzi, depressione, alcolismo, bancarotta finanziaria.

A sinistra William Eugene Smith fotografato da Henri Cartier Bresson nel suo studio nel 1960 e a destra lo stesso nel suo studio nel 1975 circa
A sinistra, William Eugene Smith fotografato da Henri Cartier-Bresson nel suo studio nel 1960, e a destra nel suo studio nel 1975 circa.

Per questo, il reportage a Minamata all’inizio degli anni Settanta, rappresentò la sua seconda rinascita, dopo la prima della fine della guerra, e vi si dedicò completamente, facendosi coinvolgere dalla vita degli abitanti e dalle loro drammatiche vicissitudini. Tornato dal Giappone, nel 1976, grazie all’interessamento di Ansel Adams ottenne una cattedra all’Università dell’Arizona, ma solo due anni dopo, nel 1978, mentre in una drogheria di Tucson (Arizona) comprava cibo per gatti, si sentì male e una grave forma di diabete lo portò prima al coma e successivamente alla morte.

V. La fotografia tra Ombre e Luci di William Eugene Smith

Ciò che distingue le foto di William Eugene Smith è “il bianco e nero sporco ed intenso, a volte estremo “. Il suo stile fotografico si basava sul chiaroscuro, ovvero su forti contrasti tra luci ed ombre. Questo stile gli permetteva di creare immagini estremamente suggestive e coinvolgenti che catturavano l’attenzione dello spettatore. Utilizzava spesso la tecnica dell’illuminazione selettiva per accentuare parti specifiche dell’immagine, come il viso di una persona o un particolare oggetto, mentre il resto della scena restava in ombra. Questo rendeva l’immagine più emozionale e intensa, creando un forte impatto visivo. Inoltre ogni elemento della fotografia era studiato con cura, dalla composizione ai dettagli.

Con le sue fotografie Smith voleva andare oltre la rappresentazione realistica del soggetto, voleva dargli una forza espressiva che innalzasse la condizione umana ad una dimensione epica. Per lui il fotogiornalismo aveva una funzione etica, le immagini dovevano sprigionare un “sentimento”, che sia di gioia o di dolore odi sgomento, altrimenti il loro valore si riduceva a semplici pezzi di carta. È proprio il sentimento che caratterizza il linguaggio e lo stile travolgente delle fotografie di William Eugene Smith. E da questa sua visione creativa derivarono i continui rapporti conflittuali con gli editori e le riviste, che da un lato riconoscevano la sua genialità, ma dall’altro richiedevano foto più nitide, meno contrasti, oltre a puntualità nella consegna dei lavori ; mentre, al contrario, Smith pretendeva l’assoluta autonomia professionale nella scelta delle immagini da pubblicare, nella loro sequenza e nell’impaginazione, oltre che nei tempi di realizzazione.

” A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento” (William Eugene Smith)

Dream street Pittsburg. Pennsylvania 1955 foto William Eugene Smith
Dream Street. Pittsburg. Pennsylvania, 1955. (foto William Eugene Smith)

VI. L’eredità di William Eugene Smith

William Eugene Smith è stato un grande maestro per molti, fonte di ispirazione per tutti. Il suo perfezionismo, la sua attenzione ai dettagli e alla composizione di ogni fotografia, gli ha permesso di creare immagini di grande impatto visivo che lo hanno reso uno dei fotografi più influenti del XX secolo. Le sue immagini hanno raccontato il secolo scorso con rigore, unicità e completezza senza pari. Ha spesso documentato i disagi della società americana, inclusi i problemi legati alla povertà, alla segregazione razziale, alla malattia mentale, la lotta per i diritti umani e per la tutela dell’ambiente. Smith ha affrontato la fotografia come un atto di giustizia sociale e ha cercato di dare voce a coloro che non avevano la possibilità di farlo. Il suo lavoro ha avuto un impatto significativo sul mondo del fotogiornalismo e della fotografia documentaria. Oltre alla sua attività di fotografo, Smith ha anche influenzato molte generazioni di fotografi attraverso il suo lavoro come insegnante e mentore. Ha lavorato come docente presso la New School for Social Research di New York prima di diventare insegnante nell’Università dell’Arizona, ha organizzato numerosi workshop per giovani fotografi.

Gli archivi di William Eugene Smith sono conservati presso il Center for Creative Photography di Tucson, in Arizona e la sua eredità si rinnova attraverso il “William Eugene Smith Fund “( www.smithfund.org ) che promuove la “fotografia umanistica”, attraverso premi per i fotografi che si sono distinti nel settore. Questo premio, tra i più prestigiosi al mondo, ha visto negli anni come vincitori: Jane Evelyn Atwood, Eugene Richards, Sebastião Salgado, Gilles Peress, Donna Ferrato, James Nachtwey e Cristina Garcia Rodero.


Una esaustiva galleria fotografica sull’opera di William Eugene Smith, suddivisa per album tematici, puoi trovarla sulla pagina Facebook Best of Photography ( Album: 56 /56a/56b/56c) .

Sul canale YouTube (Playlist Best Photo History) trovi due video, da me realizzati, e dedicati a William Eugene Smith:

William Eugene Smith – “WORLD WAR II” (by elena dilascio)

William Eugene- Smith – “PHOTOGRAPHY” (by elena dilascio)

VII. Bibliografia

  1. “William Eugene Smith: Shadow and Substance” di Jim Hughes – Una biografia completa del fotografo, che racconta la sua vita e la sua carriera con dettagli sorprendenti e molte immagini iconiche.
  2. “William Eugene Smith: Master of the Photographic Essay” di William S. Johnson – Un libro che analizza il lavoro di Smith con un’attenzione particolare al suo stile di fotografia documentaristica e al suo approccio ai reportage fotografici.
  3. “William Eugene Smith: Photographs 1946-1956” di Glenn Gardiner – Una raccolta di immagini che copre i primi dieci anni della carriera di Smith, durante i quali ha realizzato alcuni dei suoi lavori più noti, come “Country Doctor” e “Spanish Village”.
  4. “William Eugene Smith: His Life and Photographs” di Izumi Miyazaki – Un libro che racconta la vita e la carriera di Smith attraverso una selezione di immagini, molte delle quali sono state scattate durante i suoi reportage più celebri.

Altri Libri suggeriti per approfondire l’opera di William Eugene Smith:

  1. “William Eugene Smith: Aileen: Life and Death of a Serial Killer” di William S. Johnson – Un libro che racconta la storia di un reportage fotografico che Smith ha realizzato nel 1959 sulla vita e la morte di una donna che aveva ucciso diversi uomini. Il reportage non fu mai pubblicato, ma le immagini sono state successivamente recuperate e analizzate in questo volume.
  2. “William Eugene Smith: The Jazz Loft Project” di Sam Stephenson – Un libro che racconta la storia del loft che Smith ha abitato nel Greenwich Village negli anni ’50-’60, dove ha creato un luogo di ritrovo per i musicisti jazz.
  3. “William Eugene Smith: Let Truth be the Prejudice” di Ben Maddow – Un’analisi critica del lavoro di Smith, che sottolinea l’importanza della verità e dell’onestà nella fotografia documentaristica.
  4. “William Eugene Smith: Photographs from the International Center of Photography” di Carole Naggar – Una raccolta di immagini provenienti dagli archivi dell’International Center of Photography, che mostrano il lavoro di Smith in diverse parti del mondo, tra cui Giappone, Haiti e Spagna.
  5. “William Eugene Smith: More Real than Reality” di Richard M. Brouillette – Un’analisi del lavoro di Smith dal punto di vista della filosofia e dell’estetica, che sottolinea l’importanza della fotografia come forma di espressione artistica.
  6. “William Eugene Smith: The Thesaurus of Life” di William S. Johnson – Un libro che presenta una selezione di immagini provenienti dal lavoro di Smith, accompagnate da un testo che spiega il contesto storico e culturale in cui sono state scattate.

Autore dell’Articolo : Elena Di Lascio

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