“È necessario preparare il momento preciso per catturare lo spirito, l’essenza, l’anima di una fotografia. Se non avete il momento esatto, dovete aspettare” – Fan Ho

Fan Ho nacque a Shanghai nel 1931 e passò l’infanzia a Canton (l’odierna Guangzhou). Iniziò ad appassionarsi alla Fotografia ancora bambino utilizzando una Kodak Brownie del padre. Per il tredicesimo compleanno il padre gli regalò una Rolleiflex e da allora cominciò a dedicarsi alla Fotografia con vera passione, cominciando a sperimentare il procedimento di sviluppo del negativo usando la vasca da bagno di casa. Nel 1949, a causa della deriva comunista cinese, si trasferì con la famiglia a Hong Kong, allora colonia britannica, in un momento in cui la città stava attraversando un’epoca di trasformazioni frenetiche.

Il padre era un ricco commerciante e appena arrivato in città aprì una tipografia. Per cui Fan Ho non subì la miseria e la disperazione degli altri profughi provenienti dalla Cina e questo, inconsciamente, traspare dai suoi scatti dove non vi è traccia della disperazione, della povertà e del tumulto del periodo storico che la città stava attraversando. Le immagini della Hong Kong degli anni 1950-’60, che il giovanissimo Fan Ho scattò con la sua Rolleiflex, proprio in uno dei periodi più caotici della storia della città, oggi vengono riconosciute come le immagini più iconiche di Hong Kong.


Ancora studente, cominciò a dedicare il suo tempo libero all’osservazione della città con uno sguardo delicato e profondo. Scelse di immortalare le strade, i mercati, i vicoli e i tram, mettendo al centro le persone comuni e la loro quotidianità: venditori ambulanti, ragazze e bambini intenti a giocare, artigiani nelle loro botteghe, pescatori. La sua fotografia non è mai invasiva, ma sempre rispettosa e contemplativa. Egli seppe cogliere gli attimi fugaci di una città che correva verso il futuro, senza perdere il senso del presente.



Fan Ho cercava i suoi soggetti nei mercati, nello scorrere delle strade, nel porto, mentre si costruivano con fermento alti palazzi per la città nuova: tutti luoghi in cui le generazioni di Hong Kong camminavano veloci. Eppure, a guardarle bene le strade sembrano vuote, perché egli si concentrava sui singoli soggetti e scene cittadine teatralizzando la vita quotidiana, fino ad astrarla in composizioni geometriche, ed avvolgerla in un alone di racconto poetico, attraverso un uso armonico e sublime del bianco e nero.


Uno degli elementi distintivi dello stile di Fan Ho è l’uso magistrale della luce e dell’ombra. L’architettura urbana diventa per lui un palcoscenico naturale dove giocare con contrasti intensi e geometrie. Le sue immagini sono spesso attraversate da fasci di luce che sembrano scolpire le figure, creando scene che evocano il cinema espressionista. La luce diventa quasi un personaggio, guida lo sguardo, esalta la solitudine o l’intimità degli attori della scena. È grazie a questa sensibilità che molte delle sue fotografie assumono un tono lirico, quasi spirituale.


Nei lavori di Fan Ho i soggetti, distanti, compongono insieme alle luci e alle ombre l’inquadratura con una capacità descrittiva fuori dal comune. Un occhio esterno e interno alla città. “Mi piaceva concentrare e semplificare il mondo in bianco e nero, era più simile alla mia natura. Potevo esprimere meglio e più liberamente le mie emozioni, potevo tenerle sotto controllo, ed i risultati erano surreali e semi astratti. Mi piaceva quella distanza, non troppo vicino, non troppo lontano…” egli affermava. Ed infatti, la figura umana rimane al centro della sua composizione fotografica. Attraverso un occhio non troppo vicino, né troppo lontano, il fotografo cinese ci ha offerto uno spaccato seducente dei vicoli, dei mercati e delle strade.


Fan Ho scattava le sue foto la mattina presto o la sera tardi, ogni volta che il sole era molto basso all’orizzonte, in modo che le scene avessero delle ombre lunghe che fornissero profondità al bianco e nero. Le linee spesso ricercate nell’immagine, venivano combinate, ora con lunghe ombre, ora con differenti angoli prospettici o costruzioni geometriche, per attirare l’occhio dello spettatore sui soggetti che si muovono, in questi quadri, attraverso direzioni diverse, ora lungo il piano inclinato, ora verso i bordi esterni dell’immagine, creando una sensazione di dinamismo. Un lavoro visivo che è arrivato a descrivere una sorta di surrealismo fotografico e filosofico.


La città ritratta da Fan Ho è al tempo stesso reale e mitica. I sampan nel porto, i bambini che giocano scalzi nei vicoli, gli anziani che fumano in silenzio all’ombra di una bottega: tutto appare sospeso, come in un sogno. I suoi scatti non mostrano solo l’aspetto materiale della città, ma anche le emozioni che la attraversano. Sono testimonianze della dignità e della resilienza di un popolo, spesso colto nei momenti più intimi o meditativi. Egli non cercava l’eccezionale, ma il significato nascosto nel quotidiano.


Nel cuore pulsante della Hong Kong del dopoguerra, Fan Ho ha saputo catturare con il suo obiettivo momenti di straordinaria bellezza e profonda umanità. Ogni scatto trasmette un senso di calma e introspezione, come se il tempo si fosse fermato per un attimo. Il suo lavoro è diventato nel tempo un prezioso archivio visivo della memoria urbana.


Uno degli aspetti più affascinanti delle sue fotografie è la capacità di evocare nostalgia senza cadere nella retorica. Egli ha documentato un mondo che non esiste più, ma lo ha fatto con uno sguardo che parla ancora al presente. Le sue immagini invitano a riflettere sul tempo che passa, sull’identità delle città e sulla memoria collettiva. Per chi guarda oggi quei volti e quelle strade, c’è un senso di perdita ma anche di continuità: la fotografia diventa ponte tra epoche diverse, tra il passato e ciò che siamo diventati.


Fin dall’inizio Fan Ho ha mostrato un innato senso estetico verso la luce e il dramma, caratteristiche rimaste molto evidenti in quasi tutta la sua produzione mentre una passione verso le forme in bianco e nero lo ha accompagnato costantemente. Ma la sua personalità curiosa e continuamente alla ricerca di nuovi stimoli lo portarono a sperimentare anche l’uso del colore, anche se affermava: « Il bianco e nero è il mezzo migliore per esprimere la mia visione del mondo. Credo che il colore sia meglio lasciarlo ai pittori, possono farlo meglio ».


Nonostante la sua opera sia profondamente radicata nella tradizione della Street Photography, Fan Ho portava nella sua arte un approccio quasi pittorico. Le sue inquadrature sono studiate con estrema precisione, ogni elemento è al suo posto, ogni linea conduce l’occhio verso un punto focale. Non si tratta solo di spontaneità, ma anche di visione artistica. Spesso attendeva pazientemente che la scena giusta si manifestasse, oppure dirigeva con discrezione i soggetti, come un regista sul set. Il risultato sono immagini perfettamente composte, ma mai fredde o distaccate.


Negli ultimi anni di vita, Fan Ho ha rivisitato il proprio archivio, producendo nuove versioni digitali degli scatti, anche quelli mai stampati, di Hong Kong, sperimentando con collage e composizioni. Tenendo fisicamente due negativi verso la luce, Fan Ho ha giocato con l’esposizione e creato composizioni sorprendenti. Una volta arrivato al risultato cercato, e posti i negativi sullo scanner, ha stampato una nuova visione della storia. Queste immagini costituiscono la serie dal titolo Fan Ho: A Hong Kong Memori.


Per lui la “composizione” era parte fondante del processo creativo, ciò lo portò ad elaborare inquadrature uniche e poi sovrapposte, stampe come fossero ricordi, a volte nitidi altre confusi, immagini di una bellezza atemporale, fotografie che non possono essere datate nel tempo, che restituiscono l’immortalità lirica dell’armonia. La sua mescolanza di diversi background culturali gli ha permesso di creare uno stile unico. Uno stile grafico. Fatto di luci e ombre perfettamente equilibrate, forme geometriche che si compensano a vicenda, spazi pieni e vuoti in perfetta armonia e simmetria.

Questo dialogo tra analogico e digitale dimostra la sua continua curiosità e apertura verso il cambiamento. Anche nella vecchiaia, il suo spirito creativo non si è mai spento, testimoniando un amore profondo per l’immagine come linguaggio universale. Le sue opere più recenti, sebbene diverse, mantengono intatta la poesia visiva dei primi lavori. Così egli giustificava questi sui esperimenti: « Ho cercato di usare i miei vecchi negativi ma valutarli diversamente proprio perché le fotografie rimangono ferme, ma il mondo si muove e continua a cambiare. Tutto cambia ».


L’opera di Fan Ho è stata inizialmente più riconosciuta all’estero che nella sua patria. Partecipò a numerosi concorsi fotografici internazionali e vinse oltre 300 premi. Eppure solo negli ultimi decenni Hong Kong ha cominciato a celebrarlo come uno dei suoi più grandi artisti visivi. La riscoperta del suo lavoro ha generato un crescente interesse tra collezionisti e gallerie, portando alla pubblicazione di libri e mostre in tutto il mondo. Questo tardivo riconoscimento dimostra quanto la sua arte sia rimasta attuale e toccante, anche a distanza di anni.


Oggi Fan Ho è considerato una delle voci più importanti della fotografia del XX secolo in Asia. Il suo lavoro non è solo un documento storico, ma anche una fonte di ispirazione per le nuove generazioni di fotografi e artisti. Le sue immagini continuano a circolare sui social media, nelle gallerie e nei libri, raggiungendo un pubblico sempre più vasto e internazionale. Questa rinascita dimostra che l’arte autentica supera i confini geografici e temporali. Il suo sguardo poetico sulla città è diventato patrimonio comune.

Le fotografie di Fan Ho sono più che semplici immagini: sono racconti sospesi tra luce e ombra, tra rumore e silenzio. Guardarle oggi significa entrare in un mondo che non esiste più, ma che ci parla ancora con intensità. In un’epoca dominata dalla velocità e dalla saturazione visiva, il suo stile contemplativo rappresenta un invito a rallentare e osservare davvero. Egli ci ricorda che anche nei momenti più semplici si nasconde la bellezza, basta saperla vedere, come faceva lui, attraverso l’obiettivo.

Fan Ho ha lavorato anche per diversi anni nel cinema, prima come attore, poi come regista cinematografico (Tra gli anni Settanta e Novanta ha realizzato più di 20 film a Hong Kong e Taiwan. Come regista ha vinto il “Best Film Award” al Banbury International Film Festival inglese e parecchie selezioni all’International Film Festivals di Cannes, Berlino e San Francisco). Così egli affermava: « Il cinema è il mio lavoro, la fotografia la mia passione. Preferisco la fotografia perché mi lascia più libertà di espressione, non ho la pressione del pubblico e dei botteghini ».

Vincitore di numerosi premi di fotografia e onorificenze, nazionali e internazionali, il fotografo cinese ha continuato, durante tutto l’arco della sua vita, la sua ricerca fotografica. Tra il 1958 e il 1965, è stato nominato otto volte uno dei primi dieci fotografi del mondo da parte della Photographic Society of America, di cui era socio. Era inoltre socio della Royal Society of Arts in Inghilterra, membro onorario della Photographic Societies tedesca, francese, italiana, belga, brasiliana, argentina e di Singapore. E’ stato anche docente universitario di arti visive a Taiwan e Hong Kong.

Nel 1979 la moglie e i figli del fotografo emigrarono a San Jose, in California, per permettere loro di seguire un’istruzione universitaria. Nel 1996, dopo essersi ritirato dal cinema, Fan Ho li raggiunse in America. Qui cominciò a collaborare con la Galleria Modernbook di Mark Pinsukanjana con cui espose nel 2000 la sua prima mostra personale che racchiudevano tutti gli scatti a partire dagli anni ’60.



La Galleria Modernbook continuò a collaborare con Ho negli anni successivi, facendo espandere il suo successo, che ebbe il suo picco con l’esposizione di New York nel 2006, stesso anno in cui uscì il catalogo Hong Kong Yesterday, il quale aveva riportato in copertina la famosa immagine Approaching Shadow, scattata nel 1954. Con Mark Pinsukanjana nel 1999 Fan Ho fondò la “Themes+Project” che ancora oggi vanta una collezione pregiata di lavori e opere.

Fan Ho è morto di polmonite il 19 giugno 2016, a San Jose, in California, all’età di 84 anni. I suoi lavori fanno parte di diverse collezioni private e pubbliche quali il M + Museum di Hong Kong, la Bibliothèque National de France di Parigi e il San Francisco Museum of Modern Art.
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