“Una foto è una piccola voce, nella migliore delle ipotesi, ma a volte – solo a volte – una fotografia o un gruppo di foto può attirare i nostri sensi alla consapevolezza. Molto dipende dallo spettatore; in alcuni, le fotografie possono evocare abbastanza emozioni da essere un catalizzatore per il Pensiero“. (W. Eugene Smith)

I. Minamata e la crisi del mercurio
Minamata è una cittadina costiera nella prefettura di Kumamoto, non molto distante dalla città di Nagasaki, nel sud-ovest del Giappone. Si affaccia su una Baia dove la popolazione locale ha sempre tratto dalla pesca il primo sostentamento per vivere. Nell’aprile del 1956 una bambina di 6 anni, figlia di pescatori, manifestò sintomi di una malattia cerebrale sconosciuta. Ben presto il fenomeno assunse le dimensioni di un’epidemia: ufficialmente ci furono 234 morti e 1300 intossicati gravi. I sintomi erano: sonnolenza, depressione, nausea, disturbi nervosi, diarrea e infine paralisi e morte. All’inizio non si riusciva a trovare in alcun modo la causa di questa strana malattia, finché non si notò che venivano colpiti specialmente i pescatori e i gatti, la cui alimentazione era ovviamente a base di pesce.


Vennero analizzati i pesci e i molluschi della baia e le analisi rivelarono un’altissima quantità di mercurio. Si scoprì così che un vicino stabilimento chimico, che si era insediato nella zona nei primi anni ‘50, la Chisso Corporation, rilasciava nella baia rifiuti contenenti un’alta percentuale di mercurio. Ma mentre nell’acqua la concentrazione del mercurio era solo 30 volte più del normale, nei pesci era da 1.000 a 10.000 volte più elevata, fino a diventare un pericolo mortale per l’uomo. Il mercurio era entrato nella catena alimentare concentrandosi nei pesci e nei molluschi della baia, alimenti abbondantemente consumati dalla gente del posto. Il morbo , infatti, si diffondeva molto di più nei pescatori e nei loro familiari, che consumavano il pesce contaminato tutti i giorni.


L’avvelenamento da mercurio causò nella popolazione una vasta gamma di problemi neurologici, la maggior parte dei quali irreversibili : problemi sensoriali, danni cerebrali , paralisi, convulsioni e, in molti casi, morte. Particolarmente devastanti furono i casi di malattia congenita in cui il mercurio passava attraverso la placenta della madre e si concentrava nei tessuti del feto, provocando gravi malformazioni congenite. La situazione andò avanti per parecchi anni fino a che attirò l’attenzione dei media internazionali che cominciarono a parlare di “Crisi di Minamata” come uno dei primi casi di inquinamento ambientale di livello nazionale , e di “Sindrome di Minamata” per definire i danni causati sulla popolazione.


Gli stessi scienziati interni della Chisso confermarono la connessione tra il rilascio di mercurio nelle acque e le malattie sulla popolazione, ma la società negava ogni responsabilità e continuò a rilasciare acque reflue tossiche nella baia, facendo leva anche sul fatto che la fabbrica dava lavoro a molti abitanti della zona. Così, oltre alle sofferenze fisiche, le vittime della malattia di Minamata furono sacrificate sull’altare della crescita economica sopportando anni di stigmatizzazione ed intimidazioni.


Solo nel 1968 il Governo giapponese riconobbe ufficialmente le responsabilità della Chisso aprendo un nuovo capitolo nella ricerca di giustizia da parte delle vittime. Ma le loro battaglie legali e burocratiche erano appena iniziate. Furono, nel tempo, intentati numerosi procedimenti civili, da parte di gruppi di malati o parenti di persone decedute per il morbo, contro il governo giapponese, considerato responsabile di norme troppo restrittive nel riconoscimento della malattia. Solo nell’ottobre del 2004 la Corte Suprema giapponese dichiarò enti locali e governo responsabili del disastro ecologico di Minamata intimando il pagamento di risarcimenti.

La tardiva decisione lasciò solo in parte soddisfatte le parti lese. Nel contenzioso furono coinvolte ben 30.000 persone, molte delle quali attendono ancora oggi il riconoscimento “legale” della propria malattia. Si stima che, nel corso degli anni ‘50-’60 circa 1.700 persone abbiano perso la vita a causa dell’ esposizione a grandi quantità di mercurio, e che migliaia di altri hanno subito danni permanenti alla salute.

II. Il reportage di William Eugene Smith su Minamata
W.Eugene Smith aveva già cinquant’anni quando venne a sapere dell’avvelenamento di Minamata. Nel settembre 1971, lui e sua moglie, Aileen Mioko Smith, si trasferirono a Minamata, determinati a raccontarne la storia attraverso il fotogiornalismo. Lo stesso anno a Tokyo c’era una mostra personale del lavoro di Smith dal titolo : “Let Truth Be the Prejudice“ e un giovane studente della scuola di fotografia, Ishikawa Takeshi, l’aveva visitata rimanendone profondamente colpito. Circa dieci giorni dopo, tornando a casa nel quartiere Harajuku, incontrò per caso W. E. Smith e lo riconobbe da un suo ritratto esposto alla Mostra. Prese coraggio e si avvicinò al fotoreporter di fama mondiale presentandosi come un aspirante fotografo. Non immaginava che avrebbe finito per passare gli anni successivi come assistente di Smith a Minamata.

Così Ishikava Takeshi fu testimone del loro lavoro, vivendo e lavorando con gli Smith a Minamata per un periodo di tre anni. Egli ricorda che W. Eugene Smith non si era mai ripreso del tutto dal vecchio infortunio subito ad Okinawa e che la sua dieta a Minamata era limitata a cibi morbidi, incluso un regime giornaliero di circa 10 bottiglie di latte da 200 millilitri e una bottiglia di whisky Suntory da 640 millilitri, che secondo Ishikawa lo aiutava ad alleviare il suo dolore cronico.

Smith passò un anno intero facendo ricerche, raccogliendo testimonianze, scattando fotografie alle vittime di Minamata entrando nelle loro case e ascoltando le loro storie di dolore. E nel numero di Life del 2 giugno 1972 fu pubblicato il reportage fotografico “Death-Flow from a Pipe” di Smith e della moglie Aileen, che rivelò al mondo la difficile situazione della popolazione di Minamata. Erano fotografie molto dure e crude che mostravano le orrende deformazioni del morbo soprattutto sui bambini e che turbarono profondamente chi le vedeva.


Dopo la pubblicazione del reportage, che accese l’ interesse nella lotta contro l’inquinamento industriale che negli anni ‘60-’70 era dilagante ovunque, Smith rimase a Minamata per scattare altre fotografie da inserire nel libro “Minamata”, uscito poi nel 1975, e che ebbe un impatto ancora più ampio del reportage su Life.

Ma alla fine del 1972 le condizioni fisiche di W. Eugene Smith peggiorarono, quando, mentre stava accompagnando un gruppo di querelanti a un appuntamento con un dirigente della Chisso a Ichihara, nella prefettura di Chiba, fu aggredito da una folla di operai della fabbrica e fu picchiato e ferito gravemente perdendo quasi l’uso dell’occhio destro. La vicenda è ricordata anche da Susan Sontag nel suo libro: “Davanti al dolore degli altri” del 2003 e nel film “Minamata” del 2020, di cui parleremo in seguito.


Successivamente, il dolore ai nervi gli rese difficile usare la sua macchina fotografica, ma comunque continuò a lavorare a Minamata fino al novembre 1974, quando tornò negli Stati Uniti per completare il libro ( in basso la prima edizione del libro “Minamata” pubblicato nel 1975). W. Eugene Smith non tornò mai più in Giappone. Nel 1977, con problemi di salute, accettò un posto di insegnante presso l’Università dell’Arizona. Morì di ictus a Tucson nell’ottobre 1978 all’età di 59 anni. Per il suo lavoro a Minamata ricevette la “Medaglia d’oro Robert Capa” nel 1974.

III. “Minamata”: il film con Johnny Depp (2020)

Nel 2020 è stato prodotto il film “Il caso Minamata” ( titolo originale: “ Minamata”) diretto da Andrew Levitas e interpretato da Johnny Depp nel ruolo del fotografo W. Eugene Smith. La pellicola è l’adattamento cinematografico del libro “Minamata” ( 1975) di Aileen Mioko Smith e W. Eugene Smith, e racconta la storia della crisi del mercurio di Minamata e della campagna di Smith per portare alla luce la verità sulla questione. La rappresentazione di Johnny Depp di Smith è stata molto apprezzata dalla critica, che ha lodato la sua abilità nel catturare l’essenza del personaggio e nel trasmettere la passione e l’impegno del fotografo per la giustizia e la verità.

Il film rappresenta il racconto cinematografico del reportage fotografico di Smith ed è una preziosa aggiunta alla narrazione storica della crisi di Minamata, oltre che un omaggio alla figura di Smith come fotografo e attivista sociale. La pellicola ha anche ottenuto apprezzamenti per la sua accuratezza storica e per la sua capacità di rappresentare la complessità e la gravità della situazione.

Grazie alla narrazione coinvolgente e alle potenti immagini, il film offre una riflessione più ampia sul ruolo del fotogiornalismo e sulla responsabilità dei media nell’informare e nell’educare il pubblico sulla realtà sociale e ambientale.
IV. Minamata Oggi : la testimonianza di Ishikawa Takeshi
“Tutto ciò che considero importante nella vita, comprese la fotografia e il jazz, l’ho imparato da Eugene. Quando ho incontrato per la prima volta Eugene per strada, la mia ambizione era guadagnarmi da vivere fotografando. Ora, mi chiedo sempre cosa posso fare per l’umanità come fotografo“. (Ishikawa Takeshi)
Nel corso degli anni l’assistente di W. E. Smith a Minamata, Ishikawa Takeshi, è rimasto in contatto con le vittime di Minamata e le loro famiglie anche se è passato ad interessarsi ad altri soggetti. Ishikawa non aveva mai pensato di pubblicare le fotografie che lui aveva scattato nei tre anni vissuti accanto a Smith perché considerava l’argomento “ Minamata” appannaggio del grande Fotoreporter, per cui il suo lavoro era rimasto inedito. Poi, nel 2008 nel corso di una cerimonia commemorativa dei trent’anni della morte di Smith, che si tenne a Kyoto, Ishikawa scoprì che era uno dei pochi che aveva effettivamente conosciuto Eugene in Giappone e si sentì ispirato a commemorare e rivivere quella sua interazione che aveva avuto con Smith e con la gente di Minamata nei primi anni Settanta. Fu così che decise di intraprendere “ una ricerca per ripercorrere le orme di Eugene e le radici del suo lavoro” ritornando a Minimata per vedere come era cambiata la città e la vita dei suoi abitanti.

Molto era cambiato negli anni successivi. Bonifiche e costruzioni avevano cancellato le prove dei delitti della fabbrica Chisso. Alcuni dei soggetti fotografati da Smith non erano più in vita. Ma Ishikawa fu profondamente gratificato dalla accoglienza che ebbe a Minamata. “Si ricordavano tutti di me“, dice. “Ho iniziato a sentire il bisogno di riprendere da dove Eugene aveva interrotto come testimone dell’angoscia e del disagio delle vittime“. Nel 2012, Ishikawa ha pubblicato una raccolta intitolata “Minamata Note” (1971–2012), composta dalle sue foto inedite degli anni ’70, abbinate (ove possibile) a scatti recenti delle stesse persone e luoghi.

Una delle vittime che Ishikawa cercò immediatamente fu Tanaka Jitsuko una ragazza a cui W. E.Smith si era molto affezionato. Jitsuko era diventata gravemente disabile da piccola a causa dell’avvelenamento da mercurio che l’aveva privata della capacità di parlare, camminare o provare sensazioni nelle sue mani. Smith le aveva scattato centinaia di foto lamentandosi del suo fallimento nel catturare le espressioni fugaci di Jitsuko e la sua disperazione interiore. Pensando al destino di Jitsuko Smith “pianse come un bambino” alla presenza di Ishikawa. In Minamata Note, Ishikawa ha pubblicato i suoi ritratti di Jitsuko “allora e adesso”.




Il soggetto più famoso di W. Eugene Smith, Uemura Tomoko, aveva ceduto da tempo alla malattia. Tomoko era stata esposta al mercurio in utero ed era nata con gravi deformità e danni neurologici. La ragazza aveva 15 anni quando Smith la immortalò nella sua iconica foto di Minamata, “Tomoko and Mother in the Bath” . Fu dalla madre di Tomoko, Ryōko, che Ishikawa sentì per la prima volta il termine “takarago”(“bambina preziosa” ) . Ryōko credeva che Tomoko, mentre era nel grembo materno, avesse assorbito le tossine ingerite da sua madre in modo che né Ryōko né i suoi altri sei figli subissero gli effetti dell’avvelenamento da mercurio. Tomoko morì nel 1977 all’età di 21 anni.

La contaminazione da mercurio non è più un problema sociale in Giappone. Ma il mercurio è ancora utilizzato in processi come l’estrazione dell’oro nei paesi in via di sviluppo, rappresentando una continua minaccia per la salute umana. Nell’agosto 2017 è entrato in vigore un trattato delle Nazioni Unite per il controllo delle emissioni di mercurio. La Convenzione di Minamata sul mercurio mira a proteggere l’ambiente e la salute umana dalle emissioni e dai rilasci antropogenici di mercurio e a prevenire il ripetersi della tragedia avvenuta a Minamata. Nel settembre 2017, Sakamoto Shinobu, vittima di Minamata, ha parlato alla prima Conferenza delle Parti della Convenzione a Ginevra. “Le mie condizioni sono peggiorate”, ha detto. “La malattia di Minamata non è affatto finita. Lavoriamo insieme per abolire l’inquinamento da mercurio”.


V. L’eredità di William Eugene Smith come attivista sociale
Il reportage su Minamata è stato uno dei lavori più impegnativi e significativi della carriera di W. E. Smith. Smith ha sempre avuto una forte passione per la giustizia sociale e per i diritti umani ed ha utilizzato la fotografia come strumento per denunciare le ingiustizie e per portare alla luce la verità sulla realtà del mondo. Il suo lavoro ha portato alla luce il disastro ambientale e la responsabilità dell’industria inquinante ed ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità sulla necessità di proteggere l’ambiente e la salute pubblica.

Le immagini da lui scattate durante la sua permanenza a Minamata sono incredibilmente potenti e toccanti, catturando l’enorme sofferenza degli abitanti e la gravità della situazione. Grazie alla sua maestria tecnica e alla sua sensibilità, Smith è stato in grado di creare immagini che trasmettono un senso di urgenza e di disperazione, suscitando empatia e attenzione nei confronti della situazione. Pubblicate su diverse riviste, le sue immagini che mostravano la sofferenza e la lotta della popolazione locale, portarono alla creazione di un’organizzazione di volontariato che si è occupata della cura e del sostegno delle vittime.

Oggi, il lavoro di Smith su Minamata è considerato un capolavoro del fotogiornalismo e un’importante testimonianza storica della lotta per i diritti umani e per la tutela dell’ambiente. E’ un esempio della capacità della fotografia di documentare la realtà e di trasformare le coscienze attraverso le immagini e continua ad essere una fonte di ispirazione e di impegno per tutti coloro che credono nell’importanza della fotografia come strumento di denuncia e di impegno sociale.

Minamata con la sua storia d’inquinamento rappresenta oggi un monito sempre valido, un’allerta presente sul rapporto che deve esserci tra gli esseri viventi ed il mondo che li circonda; la sofferenza dei pescatori e degli abitanti di quella bella, remota baia, aprirono gli occhi del mondo davanti all’inquinamento da mercurio che può distruggere la fauna ittica e divenire causa di morte per l’uomo.


NOTA : Il documentario “Minamata: The Victims and Their World” (1971) di Noriaki Tsuchimoto.
W. E. Smith non fu il solo ad interessarsi alla Crisi di Minamata . Agli inizi degli anni Settanta anche il regista Noriaki Tsuchimoto realizzò un documentario con immagini potenti sull’inquinamento da mercurio della baia di Minamata. Realizzato assemblando 150 giorni di riprese ed interviste agli abitanti di Minamata, il documentario racconta l’intero corso degli accadimenti legati alla Crisi del mercurio, con un risultato realistico che muove le coscienze: le sofferenze delle vittime e delle loro famiglie, le risposte evasive della Chisso, i depistamenti, la lentezza del governo, le tenaci lotte per ottenere giustizia, l’ancestrale relazione della gente con un mare divenuto poi avvelenato per la furia produttivistica e senza scrupoli di una fabbrica. Dopo il primo documentario per Tsuchimoto diventerà una vera e propria missione divulgare il disastro di Minamata, per cui realizzerà altri 13 documentari dedicati alle vittime.
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