“La fotografia di Moda non è altro che la pubblicità di una vita che nessuno vive” – Norman Parkinson

Ronald William Parkinson Smith nacque a Londra nel 1913. Dopo gli studi alla Westminster School, ancora giovanissimo, nel 1931, inizio la sua carriera di fotografo come apprendista negli atelier dei fotografi Speaight and Sons Ltd. Fu in quel periodo che decise di cambiare il nome per renderlo più adatto alla sua carriera artistica. In seguito lavorò come ritrattista per la rivista Mayfair, poi dal 1935 al 1940 lavorò per Harper’s Bazaar e The Bystander magazines.


Durante la Seconda Guerra Mondiale fu fotografo di ricognizione per la RAF ( Royal Air Force ). Alla fine del conflitto tornò alla Moda e fu un continuo crescendo per la sua carriera, che attraversò oltre cinquant’anni e toccò tutte le grandi riviste di moda. Dal 1945 al 1960 divenne fotografo di Vogue e cominciò ad introdurre elementi narrativi che lasciavano intravedere dietro l’immagine storie con cui il pubblico era libero di sognare e in cui immedesimarsi.

Questa esuberante coppia immortalata da Parkinson esprime appieno la vitalità e l’energia che si respirava a New York a metà degli anni ’50, quando la città era ormai diventata la mecca della fotografia e della moda.

Fin dagli anni Trenta Norman Parkinson seppe distinguersi per il suo stile innovativo e spontaneo, portando una ventata d’aria fresca nel mondo della fotografia patinata. Parkinson non si limitava a ritrarre le modelle in posa rigida in studio: preferiva ambientazioni naturali e momenti autentici. Questo approccio, rivoluzionario per l’epoca, lo rese rapidamente una figura centrale della scena fashion. In uno dei primi servizi per Vogue ritrae Wenda Rogerson, una delle modelle più cool dell’epoca, che nel 1947 diventerà sua moglie.



Un mago dell’obiettivo, uno che con la macchina fotografica compose scene perfette, Norman Parkinson fu il primo a portare le modelle all’aperto, fuori dallo studio, ottenendo così quegli scatti freschi e dinamici che ancora oggi non si può fare a meno di ammirare. Sostituì agli scatti statici con modelle immobili, immagini dinamiche scattate in esterni dove lo humor giocava un ruolo centrale e, con il suo rivoluzionario modo di vedere la moda, finì per influenzarla per sempre.



Norman Parkinson, o “Parks” come lo chiamavano gli amici, fu il primo a traghettare le modelle dalle luci artificiali dello studio a quelle naturali della strada. Le ha ritratte ovunque: in spiaggia, al parco, in cima ai grattacieli. Con lui la fashion photography, fino ad allora statica e piuttosto rigida, prese vita ed energia:
“Fino a quel momento tutte modelle che spuntavano sui giornali sembrava avessero le ginocchia imbullonate. Se ti concentravi riuscivi perfino a sentire l’odore dell’olio che brucia. Ho pensato: Non conosco nessuna ragazza così, le mie corrono, si arrampicano e saltano i muri”. – Norman Parkinson


Parkinson è stato il primo fotografo di moda che abbia avuto l’idea di creare “foto ambientate”. Ogni foto di moda artistica, ogni fotografia di fashion è stata, in seguito, ispirata dal suo lavoro. Egli capì infatti che la moda è qualcosa che fa parte del mondo e non ne è separata, che il suo fascino è soprattutto l’evocazione di un’immagine, di un mondo, è il sogno. Che i colori e i modelli sono un’arte quotidiana e hanno bisogno di essere inseriti in una scena reale per essere esaltati al loro meglio.



Oltre al talento tecnico, Parkinson fu un maestro nel dirigere le modelle. Le faceva muovere, correre, ridere, saltare. Voleva cogliere l’essenza del momento, più che la perfezione. Questo lo portò a collaborare con modelle che, sotto la sua lente, diventavano muse. Con Jerry Hall, ad esempio, instaurò un rapporto quasi cinematografico, trasformando ogni scatto in una scena drammatica e vivace. La sua capacità di creare fiducia sul set generava fotografie autentiche, anche nel mondo artificioso della moda.



Uno degli elementi distintivi della sua tecnica fotografica fu l’uso sapiente della luce naturale. Parkinson preferiva lavorare all’aperto, spesso in location esotiche o quotidiane, rompendo la rigidità dei set fotografici tradizionali. Amava l’imperfezione del reale: una ciocca fuori posto, uno sguardo non previsto, un movimento improvviso. Invece di controllare la scena, la seguiva. Questo gli permise di catturare un senso di dinamismo e vitalità unico.



Per tutta la sua carriera Parkinson rimase, comunque, rigorosamente realista. “Le mie donne erano diverse” – affermava – “ …. le mie donne facevano shopping, guidavano la macchina, avevano figli e portavano a spasso il cane”. Da Londra a New York, dall’Unione Sovietica all’India e poi all’Australia, dalla Jamaica fino a Tobago ed altre località esotiche, Parkinson fotografò modelle, attrici, personaggi del jet-set, creò celebri calendari con affascinanti giovani donne e divenne anche il fotografo ufficiale della famiglia Reale Inglese.


Le sue fotografie, più che semplici immagini di moda, sono specchi di un’epoca e visioni poetiche del quotidiano. Il suo lavoro ha saputo attraversare i decenni senza perdere freschezza, restando sempre attuale e ispirante. Le sue immagini raccontano storie più che semplici abiti: sono momenti di vita congelati con eleganza. Il suo occhio per la composizione e la bellezza è stato inconfondibile.


Dal 1960 al 1964 Norman Parkinson andò a lavorare per “Queen”, rivista per i giovani alla moda, e “New Look”. Negli anni Settanta tornò a lavorare per le edizioni internazionali di Vogue. Negli anni ’60 e ’70 si dedica anche ai ritratti di nomi celebri del cinema e della musica, come Audrey Hepburn, i Beatles, i Rolling Stones, ecc. Nel 1975 è lui che fa conoscere Jerry Hall al mondo, lanciandola sulle cover di Vogue di mezzo mondo, e che poi diventerà la moglie di Mick Jagger.




Nonostante il successo, Parkinson mantenne sempre un atteggiamento ironico e distaccato verso le dinamiche del glamour. Definiva sé stesso non un artista, ma un “artigiano con una macchina fotografica”. Tra i suoi aforismi più noti, spicca: “Non prendo fotografie, ma catturo occasioni.” Con questa frase, Parkinson sottolineava l’importanza della spontaneità rispetto alla costruzione maniacale. Le sue citazioni rivelano il pensiero di un uomo che non prendeva mai troppo sul serio sé stesso, ma prendeva molto sul serio la sua arte. Anche in questo, è stato un vero maestro.


Gli insegnamenti di Norman Parkinson sono ancora oggi seguiti da fotografi e appassionati. La sua lezione principale è quella di osservare il mondo con occhi curiosi e liberi da preconcetti. Non credeva nella regola per la regola, ma nella libertà dell’occhio fotografico. “Muoviti con il soggetto”, diceva spesso ai suoi assistenti, “e il mondo si rivelerà più generoso di qualsiasi regia imposta.” In un’epoca in cui la fotografia era sempre più tecnica, lui rimetteva al centro la sensibilità e l’intuizione. La sua eredità è ancora viva nelle nuove generazioni di fotografi.


Negli anni Ottanta Norman Parkinson fu assunto dal periodico “Town and Country” e sono gli anni in cui ottiene il giusto riconoscimento internazionale Egli amava dire: «Sono uno dei fotografi sconosciuti più famosi al mondo». La regina Elisabetta lo nomina Comandante dell’Impero britannico nonostante vent’anni prima, tartassato dal fisco di Sua Maestà, egli si era trasferito a Tobago, nei Caraibi con moglie, macchina fotografica e l’amatissima Rolls Royce.


Parkinson morì a Singapore nel 1990 proprio mentre stava realizzando un servizio fotografico per il periodico “Town and Country”. Dopo la sua morte è stato celebrato con numerose retrospettive e mostre internazionali. La sua influenza è visibile ancora oggi nelle riviste, nelle pubblicità, nei ritratti contemporanei. La Norman Parkinson Archive continua a preservare e diffondere il suo immenso patrimonio visivo.

Nonostante la sua fama, Parkinson mantenne per tutta la vita un approccio umile e giocoso al proprio lavoro. Amava circondarsi di bellezza, ma non perdeva mai il contatto con la realtà. Considerava ogni servizio fotografico un’avventura, un’opportunità per scoprire qualcosa di nuovo. Per lui, il fotografo doveva essere un viaggiatore, un narratore, un curioso. Questo spirito esplorativo è presente in tutta la sua opera.

Norman Parkinson era un uomo brillante e divertente. Il suo senso dell’umorismo lo rese amato anche fuori dal mondo della moda. Durante tutta la sua lunga carriera ha amato vestirsi con abiti eccentrici (era noto soprattutto per la sua giacca rossa) portare sempre i baffi all’insù – marchio di fabbrica quasi quanto il suo stile – e, soprattutto, non si è mai preso troppo sul serio. Il suo stile personale lo rese famoso elevandolo quasi a star, con la sua caricatura da dandy Englishman.








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