”Le persone esistono nello spazio. Il secondo piano deve sommarsi alla composizione ed aiutare a comprendere il personaggio”. – Arnold Newman

I – Arnold Newman : l’incontro con la Fotografia
Arnold Abner Newman nasce a New York nel 1918 e studia pittura e disegno all’Università di Miami Beach prima di cominciare a fotografare, all’età di circa vent’anni, percorrendo i villaggi rurali della Florida, West Palm Beach, Baltimora, Atlantic City, Philadelphia. Già in queste sue prime fotografie si nota la ricerca personale dell’essenzialità della composizione e dell’originalità che caratterizzeranno alcuni dei suoi ritratti più famosi ed il suo interesse per le persone e per il contesto in cui vivono, che fa da sfondo ai suoi scatti aiutando a capire di più sulle persone ritratte e sulla loro esistenza.




Alla fine degli anni ‘30 Arnold Newman diventa assistente del fotografo ritrattista Leon Perskie e nel 1941 si trasferisce a New York dove continua a specializzarsi nella tecnica del ritratto, soprattutto di artisti. Nel 1946 è sempre a New York dove apre l’Arnold Newman Studios lavorando come fotografo freelance. Il suo lavoro viene notato dal fotografo, editore e proprietario di una galleria Alfred Stieglitz, ed anche dallo storico della fotografia Beaumont Newhall, che ne aumentano la reputazione, per cui viene ingaggiato da famose riviste come Life e Harper’s Bazaar.


II – Arnold Newman e il Ritratto Ambientato
Fin dai suoi primi lavori di ritrattistica Arnold Newman adottò la prassi di ritrarre il soggetto nel suo ambiente più familiare accanto agli oggetti della sua professione o che lo rappresentavano. Nei suoi ritratti Newman cerca di entrare in empatia con gli artisti, si interessa del loro lavoro, si sforza di trasporre sulla pellicola la personalità di chi gli sta di fronte, di cui riusciva a rendere le più nascoste sfumature caratteriali e di temperamento. La foto di un musicista acquistava più forza se era scattata in uno studio di registrazione, un Senatore o altro politico nel suo ufficio o vicino ad un edificio rappresentativo, lo scienziato nel suo laboratorio. Egli curava la scena del ritratto in ogni dettaglio. ” Le persone esistono nello spazio“, diceva Arnold Newman riuscendo a mettere assieme due delle maggiori tradizioni della fotografia americana: il ritratto di studio e la foto documentaria.


Il ritratto fatto a Igor Stravinsky nel suo studio di New York, nel dicembre del 1946, è senz’altro una delle icone della fotografia del secolo scorso ed anche l’emblema di quello che fu il “ritratto ambientato” di Arnold Newman. La foto fa parte di una sessione di 15 fotogrammi dove il compositore si muove intorno al pianoforte fino a sedersi. Nei primi fotogrammi Newman esplora alcune soluzioni diverse, alla ricerca di quale possa essere la posa giusta. All’inizio appare anche la moglie del compositore, poi si provano idee diverse, fino a quando il fotografo sembra trovare la chiave nella forma sinuosa del coperchio del pianoforte, che forse richiama in qualche modo le simbologie del pentagramma. Si concentra e si avvicina al risultato finale negli ultimi quattro scatti, posizionando Stravinski ad un lato.

Alla fine Stravinsky viene ripreso seduto nell’angolo sinistro inferiore della composizione, occupando uno spazio limitato rispetto al grande coperchio di un pianoforte a coda. Newman colloca il compositore come fosse un “dettaglio” di un grande spazio, conferendo all’immagine un’incredibile forza visiva. Il ritratto è si ambientato, ma in questo caso l’ambiente con il pianoforte prende il sopravvento sul soggetto, quasi a significarne la più grande importanza.

Un ritratto simile a quello di Stravinky è quello che Arnold Newman fa alla ballerina e coreografa Martha Graham nel 1961. L’artista, avvolta in un lungo soprabito nero, posa ad un angolo di una parete percorsa da tre linee orizzontali, di cui quella centrale è la sbarra della sala da ballo dove si allenano le danzatrici. Ma l’immagine è talmente astratta che fa pensare a quella di una nota su un pentagramma a significare forse che il soggetto ritratto ha a che fare con la danza e quindi anche con la musica.

Tecnicamente il “ritratto ambientato” non è, come forse troppi pensano, semplicemente una fotografia che comprenda una persona e la scena, o parte di essa, intorno al soggetto. No, lo sfondo, qui, non è una “comparsa”, deve essere anch’esso protagonista dello scatto. Certo, non recita il ruolo principale. Tuttavia ha il compito fondamentale di contestualizzare l’immagine. Di fornire all’osservatore informazioni importanti su chi sia la persona immortalata, per esempio dove vive o che lavoro fa.


Nel “ritratto ambientato” traspare l’essenza dell’individuo insieme a quella della sua vita e del suo lavoro. Newman, nonostante abbia sempre rifiutato l’etichetta “ritratto ambientato” attribuito al suo stile, è stato fra i primi ritrattisti ad aggiungere un qualcosa in più alla fotografia di ritratto. Il suo obiettivo, infatti, era quello di andare oltre il semplice arricchimento ambientale. Il messaggio del fotografo statunitense voleva essere quello di andare oltre il ruolo istituzionale dei soggetti per trasmettere la vera essenza della loro personalità, anche in relazione al loro ambiente.


La forza evocativa degli scatti di Newman sta proprio nel ritrarre i soggetti nei luoghi a loro più familiari, lontani dalla luci fredde degli studi fotografici.Il soggetto diventa parte dell’ambiente e proprio perché quell’ambiente gli è familiare, tira fuori in modo spontaneo le sue espressioni più naturali, autentiche e veritiere. Newman ha affermato: “Sono interessato a ciò che motiva le persone, cosa fanno con le loro vite, le loro personalità e come le percepisco e le interpreto”.


Il focus della fotografia di ritratto è il volto del soggetto, le sue espressioni, le sue emozioni, i dettagli che che ne caratterizzano l’immagine. Il ritratto ambientato fa però un passo in più. In questo particolare stile, infatti, il focus dello scatto non è più soltanto il soggetto ma anche il contesto entro il quale quest’ultimo si trova: la strada di una città, la propria casa, il luogo di lavoro. Calare la persona nell’ambiente circostante dà un valore aggiunto allo scatto, ma soprattutto alle emozioni che questo può veicolare. Per questo, il ritratto ambientato è molto utilizzato nei servizi di reportage per l’editoria.

Ogni ritratto ambientato racconta una storia a sé. Il protagonista dello scatto diviene parte integrante del contesto e il tutto è funzionale a veicolare uno specifico messaggio, uno stato d’animo. Il contesto entro il quale è immerso il soggetto può essere sia naturale che volutamente ricercato per lo scopo che ha in mente il fotografo. Ciò che conta è che il soggetto sia ben integrato con l’ambiente. Infatti, rispetto al ritratto tradizionale effettuato in studio, il ritratto ambientato è caratterizzato da pose più spontanee e sfrutta al massimo la luce ambientale proprio per garantire un effetto che sia il più naturale possibile. Il soggetto e l’ambiente circostante devono entrare in sinergia.

In merito all’immagine sottostante, questi sono i ricordi di Arnold Newman che scattò a Otto Frank nella soffitta dell’Alloggio segreto poche ore prima dell’apertura ufficiale della Casa-museo di Anne Frank, il 3 maggio 1960: “ L’atmosfera era deprimente e ho subito iniziato a fotografarlo. Dopo qualche istante, le campane della Westertoren della porta accanto iniziarono a suonare, e Frank si voltò verso di me e disse: “Quelle erano le campane di cui Anne scriveva”. All’improvviso scoppiò completamente a piange re in modo incontrollabile, e poi anch’io. Non ci incontrammo mai più. Ancora oggi, quando tengo una conferenza o racconto questa storia alle persone, mi ritrovo a soffocare; Non riesco ancora a trattenermi” .

Cos’è, dunque, un ritratto fotografico ambientato? È la fotografia che evidenzia qualcosa di una persona anche grazie all’ambiente circostante. In questa tipologia di scatti ogni dettaglio contribuisce alla creazione del messaggio che si vuole trasmettere. Per questo, ogni singolo elemento deve entrare in rapporto con gli altri. La scelta del tipo di abbigliamento, di un accessorio, di una posa è finalizzato alla costruzione dell’immagine. Perché sono proprio i dettagli a dirci qualcosa in più sulla persona. Il rapporto sinergico fra soggetto e ambiente crea una coerenza visuale che permette di veicolare le autentiche sensazioni che nascono dal rapporto fra soggetto e ambiente. Per questo, si viene a creare un equilibrio che non vede mai la scena prendere il sopravvento sul soggetto, nonostante sia valorizzata al massimo.

Il teschio e le corna di montone selvatico costituivano uno dei motivi prediletti della pittrice Gieorgia O’Keeffe. Anche la suggestiva profondità del cielo, screziato da nuvole candide, richiama i grandi spazi azzurri dei suoi dipinti (ancora più suggestivi nella versione a colore dell’immagine). La stessa O’Keeffe, ritratta di profilo davanti a una tela vuota, sembra una delle figure delle sue composizioni. Come ogni altro artista americano attivo negli anni ’40 anche Newman deve aver subito l’influenza di personaggi autorevoli e leggendari come Georgia O’Keeffe, grande pittrice simbolista nonché ex amante di Alfred Stieglitz, il grande profeta della fotografia artistica.

Anche se Arnold Newman è più conosciuto per i famosi ritratti in bianco e nero che ha scattato durante tutta la sua lunga carriera, egli non ha mai disdegnato l’uso del colore fin dall’inizio della sua diffusione e soprattutto negli ultimi tempi. Oggi egli è riconosciuto come uno dei grandi maestri della Fotografia del XX e XXI secolo. Il lavoro di Arnold Newman è raccolto ed esposto nei maggiori musei del mondo tra cui il Metropolitan Museum of Art, New York; Il Museo di Arte Moderna, New York; l’istituto d’arte di Chicago; Il Museo d’Arte di Los Angeles; Il Museo di Filadelfia; La Tate e la National Portrait Gallery, Londra; Il Museo di Israele, Gerusalemme; e molti altri importanti musei in Europa, Giappone, Sud America, Australia, ecc.


Arnold Newman ha realizzato importanti pubblicazioni su riviste come Vanity Fair, LIFE, Look, Holiday, Harper’s Bazaar, Esquire, Town and Country, Scientific American, New York Times Magazine e molti altri. Sono numerosi i libri pubblicati sull’opera di Newman oltre a innumerevoli storie di fotografia, cataloghi, articoli e programmi televisivi. Ha ricevuto molti importanti riconoscimenti dalle principali organizzazioni professionali negli Stati Uniti e all’estero, tra cui l’American Society of Media Photographers, The International Center of Photography, The Lucie Award, The Royal Photographic Society Centenary Award e il “Commander of the Order of Arts” della Francia e lettere”.


Nel 2005, Photo District News ha nominato Arnold Newman come uno dei 25 fotografi viventi più influenti. Nel 2006, Newman ha ricevuto la medaglia d’oro per la fotografia dal National Arts Club. Ha ricevuto nove lauree honoris causa e ha tenuto conferenze e seminari in tutto il paese e nel mondo. Il suo immenso contributo al mondo della fotografia è stato premiato con l’ Infinity Award for Master of Photography nel 1999 e il Lucie Award for Outstanding Achievement in Portrait Photography nel 2004. Arnold Newman è morto il 6 giugno 2006 a New York City. Aveva 88 anni.

“Per quanto mi riguarda, lavoro come faccio per il tipo di persona che sono: il mio lavoro è un’espressione di me stesso. Riflette me, il mio fascino per le persone, il mondo fisico che ci circonda e l’eccitante mezzo in cui Lavoro. Non pretendo che la mia strada sia la migliore o l’unica, è semplicemente la mia strada. È un’espressione di me stesso, del modo in cui penso e sento.”
Arnold Newman, A Life in Photography
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Per approfondire la conoscenza del lavoro di Arnold Newman visita il sito web www.arnoldnewman.com







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