126. Joan Colom – “Il volto nascosto del Raval di Barcellona”

da | Apr 18, 2023 | Reportage, Street Photography | 0 commenti

Ho scoperto il Barrio Chino nel 1958 e ho capito che era il mio mondo. Ero affascinato dalla sua diversità e dalla ricchezza sociale … sono stato risucchiato dalla qualità umana di questi personaggi” – Joan Colom

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Per le strade di Barcellona , 1961.

Joan Colom nacque a Barcellona, in Spagna, nel 1921. Studiò contabilità, mentre aiutava la sua famiglia che aveva un negozio di fiori nella via Joaquim Costa. In seguito andò a lavorare per uno studio di pubblicità cinematografica, e in modo autodidatta, cominciò ad esplorare il mondo della fotografia, entrando nell’Associazione Fotografia di Catalogna (AFC) nel 1957. Il desiderio di Joan Colom è sempre stato quello di catturare la realtà in forma spontanea, congelare il tempo in un istante per preservare ciò che è destinato alla scomparsa. Per questo nella sua carriera si è occupato principalmente di documentare la vita quotidiana della sua città, Barcellona, realizzando immagini che possiamo definire “istantanee” e che si caratterizzano per realismo e passione.

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Per le strade di Barcellona , 1958-‘ 60.

I – Joan Colom : gli scatti “clandestini” nel Barrio Chino.

Nel 1958 Joan Colom iniziò quella che sarebbe diventata la sua opera più significativa: descrivere la realtà attuale del Raval di Barcellona, conosciuto come “Barrio Chino” (Il Raval cominciò ad essere chiamato ” quartiere Cinese” a partire dal 1925, in seguito ad un articolo di un giornale che paragonava il quartiere a quelli delle città del nord America chiamati “chinatowns” dove la delinquenza e l’emarginazione imperavano), di cui realizzò un ampio reportage che lo impegnò diversi anni.

Non entrate al Raval!  Il Barrio del Raval é l’unico posto di Barcellona dove non dovete andare…!”

Così avvertiva qualche tempo fa la famosa guida turistica Lonelys Planets, e continuava descrivendo tutto quello che di marcio c’era al Raval: prostituzione, delinquenza, emarginazione, sporcizia. Ma Colom era incuriosito da quel pezzo della sua città di cui tutti parlavano male, ma che in realtà nessuno conosceva realmente, perchè quasi tutti evitavano di andarci. Così lui, a partire dal 1958, cominciò, nei momenti liberi dal lavoro di contabile, a passare per la Rambla e lanciare uno sguardo fugace nei vicoli del Raval, dove si potevano intravedere le prostitute e i loro clienti, i delinquenti e gli ubriaconi, ma anche i bambini di strada e gli emarginati che avevano fatto di questo Barrio la loro casa.

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Un uomo piange seduto su un marciapiede del Raval.

Affascinato e incuriosito dai personaggi che intravedeva in quei vicoli, cominciò a recarsi al Raval ogni fine settimana, addentrandosi sempre di più dentro al quartiere, con una macchina fotografica Leica nascosta dentro al cappotto, pronta per essere utilizzata senza dare nell’occhio. Infatti, Joan Colom per scattare le sue fotografie non guardava nell’oculare, ma teneva la Leica seminascosta, all’altezza del ginocchio o comunque in modo che sembrasse che non stava facendo fotografie, perchè, data la promiscuità della gente che circolava al Raval, poteva essere un gesto pericoloso.

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Per questo molte sue fotografie, soprattutto quelle che ritraggono le prostitute e i loro clienti, hanno delle inquadrature particolari : dal basso o in diagonale , o sono troppo scure o troppo sgranate. Nonostante questo limite operativo Colom riuscì a immortalare l’essenza del Barrio Chino con estremo realismo : volti, gesti, momenti , squarci di vita quotidiana di quella varia umanità che animava le sue strade. I suoi sono scatti clandestini e quindi più veri. Ossia non ci sono pose dei soggetti o abbellimenti estetici e tecnici, essi sono la documentazione storica e sociologica della trasformazione culturale vissuta nel Raval, da quando, durante la Grande Guerra, era un centro bohemienne di artisti e cabaret, a quando, nel dopoguerra e durante il franchismo, divenne quel quartiere popolare dove si addensarono dapprima la povertà e l’emarginazione e poi, di conseguenza, la prostituzione e la delinquenza.

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Joan Colom fotografato per le strade del Raval da un suo collega, mentre scatta una fotografia con la sua Leica all’altezza del mento (1961) .

Le foto che Colom realizza per i vicoli del Raval riescono a catturare sguardi, gesti, smorfie, movimenti e attimi autentici. Nelle sue immagini c’è la realtà viva, emotiva e concreta di quel teatro sociale che gli si mostrava davanti ad ogni passo. Nelle sue immagini in bianco e nero risaltano le donne in attesa dei clienti con le gonne sopra il ginocchio, capelli lunghi, tacchi a spillo, maglie e vestiti stretti che denotano le curve pronunciate. E poi uomini intontiti dal passaggio di una ragazza avvenente, giovani in cerca di una preda da derubare e altri in cerca di avventure erotiche.

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Per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Una prostituta aspetta i clienti mettendosi in mostra. Raval, 1958-’61.
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Per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).

Quello sul Raval di Barcellona è un reportage che ha fatto la storia. Joan Colom ha rivoluzionato la fotografia di strada con questo suo audace reportage. Armato di una piccola macchina fotografica nascosta, Colom ha immortalato la vita quotidiana di uno dei luoghi più marginalizzati della città. Prostituzione, povertà, infanzia ribelle e umanità dolente: tutto è ritratto senza filtri, con uno sguardo partecipe ma mai giudicante. Le sue immagini in bianco e nero colpiscono per l’intensità e la spontaneità. Il Raval, allora noto come “Barrio Chino”, diventa protagonista di un racconto visivo unico. Colom non cercava la bellezza, ma la verità.

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Per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).

Il suo stile, ispirato al neorealismo e ai maestri della fotografia umanista, rompe con la fotografia ufficiale e patinata della Spagna franchista. Joan Colom scende nelle strade, si confonde tra la gente, scatta di nascosto per catturare la realtà così com’è. Questo approccio clandestino e intimo ha suscitato polemiche, ma anche ammirazione nel mondo dell’arte. Il suo lavoro è crudo, a volte scomodo, ma sempre profondamente umano. Ogni immagine del Raval racconta una storia fatta di sopravvivenza, sogni spezzati e piccole resistenze quotidiane. Il suo reportage è un atto di testimonianza, ma anche di empatia.

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Per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Prostitute in attesa di clienti per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).

Per decenni al Raval si andava per frequentare i locali a luci rosse e le prostitute che esercitavano nei prostiboli, o “case chiuse”. Poi, il 3 marzo del 1956, con un Decreto Legge che obbligava la chiusura dei prostiboli, la prostituzione si espanse nei vicoli e nelle strade del quartiere, fino alla fine degli anni ’60 quando i locali di intrattenimento a luci rosse iniziarono a chiudere i battenti e di conseguenza, anche la clientela delle prostitute si ridusse molto. Ma ancora oggi, anche se le cose sono molto cambiate, è possibile trovare un pallido ricordo di ciò che il quartiere fù e il Raval rimane ancora un quartiere a rischio, dove impera la prostituzione a cielo aperto e dove la delinquenza abbonda.

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Uno spettacolo a luci rosse nel Raval, a cui assiste un uomo estasiato ed anche un bambino.

II – Joan Colom : i bambini di strada del Raval.

Ma del Raval Joan Colom non documentò solo la prostituzione e la malavita. Fu molto colpito dalla povertà e dall’emarginazione dei soggetti più fragili. Scattò molte fotografie di bambini che, anche piccolissimi, vivevano per strada, senza andare a scuola e senza figure di riferimento adulte che badassero a loro. Dalla mattina alla sera correvano per i vicoli, giocavano nelle piazze, a volte senza mangiare, sporchi e con i vestiti laceri. Una piccola umanità senza speranza di un futuro migliore a cui aggrapparsi.

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Bambino del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Bambini per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Bambini per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).

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Bambini per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).
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Bambina per le strade del Raval di Barcellona (1958-’61).

III – Joan Colom : premi e riconoscimenti per il suo reportage sul Raval.

Con il suo ampio reportage sul Raval di Barcellona, che lo vide impegnato per moti anni, Joan Colom si fece conoscere anche oltre i confini spagnoli e ricevette numerosi premi. Tra i più importanti: il Premio Nacional de Fotografía nel 2002 conferitogli dal Ministero della Cultura spagnolo e la Medalla de Oro al Mérito Cultural concessagli dal comune di Barcellona nel 2003. Nel 1960 Joan Colom partecipò alla fondazione del gruppo artistico ¨il Mussol¨, che si sarebbe trasformato nella” Nuova Avanguardia Fotografica”.

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Joan Colom ad una sua retrospettiva. (anni 2004-’06)

Oggi è considerato uno dei fotografi spagnoli più importanti degli anni ’50 e ’60, anche perché fu tra i primi fotografi a lavorare solo in “serie fotografiche”. I suoi scatti di Barcellona sono stati protagonisti di diverse mostre come quella del 2004 presso il Ministero della Cultura a Madrid dal titolo “Joan Colom. Fotografías de Barcelona, 1958-1964“, la retrospettiva dal titolo “Joan Colom.Les gens du Raval” tenutasi nel 2006 alla Fondation Cartier Bresson di Parigi, e sempre nel 2006 l’esposizione “Joan Colom. Gente del Raval” che si tenne presso la Lawrence Miller Gallery di New York.

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(foto: Joan Colom)

Joan Colom muore a Barcellona nel 2017. Nel suo caso la fotografia non è stata esclusivamente un grande strumento estetico, ma testimonianza storica e culturale di un mondo eterogeneo e profondamente umano. Oggi le sue fotografie sono considerate un tesoro del patrimonio culturale catalano e spagnolo. Esposte in musei e oggetto di numerose pubblicazioni, rappresentano una memoria visiva fondamentale della Barcellona del dopoguerra.

Il Raval che Colom ha raccontato non esiste più, ma vive attraverso i suoi scatti, che conservano intatto il senso di una realtà vissuta ai margini. La sua opera ci invita a riflettere sul ruolo della fotografia come strumento sociale e mezzo per dare voce agli invisibili. Con il suo reportage, Joan Colom ha mostrato che anche le periferie dell’anima meritano di essere raccontate.


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